Jimi Hendrix

Nato il 27 novembre 1942 a Seattle, da un incrocio fra indiani, neri e bianchi, James Marshall Hendrix comincia a suonare la chitarra a undici anni, poco dopo la morte della madre.
Dopo aver svolto il servizio militare come paracadutista diventa il chitarrista di artisti del calibro di Little Richard, Tina Turner. Il mito di Jimi Hendrix nasce però nel giugno del 67’ al festival di Monterey. Nove brani eseguiti davanti ad un pubblico educato e non ancora hippy del primo festival rock della storia. Jimi inizia timido, poi esplode, presentando le sue Hey Joe, Foxey Lady, Purple Haze.
Durante l’esibizione Hendrix sollecita la sua Fender Stratocaster in un modo che fino ad allora era impensabile, suonandola con i denti, dietro la schiena, contro l’asta del microfono fino ad arrivare a mimarvi rapporti sessuali.
Con la sua sfrenata e quasi demoniaca Wild Thing Hendrix chiude la sua incredibile performance che culminerà con la distruzione della sua Stratocaster che, prima percuote violentemente contro gli amplificatori e a cui poi, da fuoco con del liquido per accendini.
Qualcosa di mai visto prima su di un palcoscenico, qualcosa che fa rimanere di stucco tutti i presenti al concerto, compresi chitarristi del calibro di Eric Clapton, considerato all’epoca uno dei numeri uno della sei corde.
L’immagine di Jimi Hendrix che brucia la sua chitarra diventerà, insieme alla performance a Woodstock dove suona l’inno nazionale in modo irrisoriamente distorto, una dei simboli della storia del rock, un punto di svolta, uno dei tanti che il numero uno di sempre della chitarra ha saputo dare nella sua breve quanto intensa carriera musicale.
È il 18 settembre 1970, quando Hendrix viene trovato morto nell’appartamento al Samarkand Hotel, si presume a causa di un cocktail di alcool e tranquillanti.
La morte di Hendrix, seguita poco dopo da quella di Janis Joplin e da quella di Jim Morrison, chiude un’era, l’era dei raduni oceanici, delle contestazioni portate avanti con la forza della musica.
Da li in poi, nuovi generi musicali e nuove rockstar arriveranno, ma l’eco della chitarra distorta di Hendrix continuerà a risuonare in tutta la musica che poi
ascolteremo
Quando mi si sono palesati sotto forma di band, pur conoscendo uno per uno chi andavo ad intervistare, m’è venuto spontaneo chiedere “E ora… chi siete??”, e loro in coro (manco avessero provato anche questo!) “… siamo surrealismo e dadaismo!!” Sono i Tulips, luogo di origine Boscotrecase, una delle band emergenti nel panorama musicale vesuviano.
Il loro primo lavoro, semplicemente “The Tulips” (riproduzione audio a scopo illustrativo – x maggiori info www.myspace.com/tooolips) contiene 6 brani “registrati live in 3 ore, 6 primi e 9 secondi causa improvvisa mancanza di fondi”. Per il loro primo cd ufficiale ci sono ancora i lavori in corso ma come dice Gianluca Cannavale (batterista) “Suoniamo così tanto da poter presto registrare un triplo album!!”
Quello dei Tulips è un rock classico, ispirato dalle onde sempre vibranti della Beatlesmania, influenzato e catturato dalle leggende del rock come Jimi Hendrix, Syd Barret e Frank Zappa.
La loro musica è espressione del loro “visionarismo”, dell’abbandono dei vincoli dettati dalla ragione per lasciare libero spazio all’arte e all’inconscio, in un continuo contrasto tra utopia e realtà, con la nostalgica speranza di un ritorno della “Summer of love” del ’67 (“In don’t know”). Dai loro testi, come ci spiega l’autore nonché voce del gruppo, Alessandro Franco, traspare il conflitto continuo tra razionalità e istinto, tra mente e corpo, come accade in “With my bed” dove l’autore è schiavo del suo corpo, preso da una passione che travolge i sensi, ma angosciato dal pensiero del “giusto e ragionevole” dettato dalla sua mente. Dopo un anno e più di progetti e sperimentazioni, nascono infatti nell’estate 2008, i Tulips hanno finalmente cominciato ad esternare il loro credo in appuntamenti live in vari locali e pub della zona vesuviana. La loro ultima performance dal vivo al “Mamamu” di Napoli domenica 13 dicembre ha riscosso un ottimo successo. Si ripeteranno domenica 27 allo “Shakti Club” di Pomigliano d’Arco, dove ovviamente speriamo di essere in tanti in prima fila a condividere la loro utopia ed a tifare per la loro arte!

Giuseppe D’Ambrosio

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