Abbandoni scolastici e disoccupazione giovanile: in Campania è allarme!

Gli ultimissimi numeri sui giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano sono quelli di un “esercito” che si allarga di mese in mese: ormai sono oltre 2 milioni 250 mila, pari al 24%.

Il loro numero, ci dice l’Istat, dal 2008 è aumentato “del 21,1% (+391mila giovani)”. È un andamento di cui occorre preoccuparsi. L’incremento annuo già molto sostenuto nel 2009 e nel 2010, ha fatto registrare un consistente aumento nel 2012. Solo Grecia e Bulgaria presentano incidenze maggiori (27,1 e 24,7%) di Neet.

Nel nostro paese il fenomeno è più spiccato al Sud: l’incidenza dei giovani che non studiano e non lavorano raggiunge il livello più alto, il 33,3% (contro il 17,6% nel Centro-Nord), ponendo in luce le criticità di accesso all’occupazione per un gran numero di giovani residenti nel meridione. Sicilia e Campania detengono le quote più elevate, con valori rispettivamente pari al 37,7 e 35,4%, seguite da Calabria e Puglia, con livelli pari al 33,8 e al 31,2%.

Una soluzione valida, in questi giorni, è stata avanzata dall’Associazione Sindacale Anief: anticipare la primaria quando gli alunni hanno ancora 5 anni anziché 6 ed estendere l’obbligo scolastico dagli attuali 16 fino ai 18 anni di età. A fronte di questi dati rimane incomprensibile come nell’ultimo quinquennio nel Mezzogiorno i Governi che si sono succeduti abbiano potuto operare i tagli maggiori al corpo docente di ruolo (fino al 18%) e non di ruolo (anche del 25%).

Se i dirigenti di tutti gli istituti scolastici fossero infatti obbligati a far frequentare gli alunni, nella scuola media e fino al biennio iniziale della secondaria, non ci ritroveremmo con le massime autorità dello Stato in materia di Istruzione pubblica che ammettono l’esistenza di un problema drammatico soprattutto nel Mezzogiorno, perché più di uno studente su dieci lascia proprio in quella fascia di età.

dipsersioneObbligando i nostri giovani a frequentare la scuola fino alla maggiore età si sposterebbe più avanti questo momento di “crisi”, quando la maggior parte dei nostri giovani avrà almeno in tasca il diploma di maturità. Mentre invece il 26% degli studenti iscritti negli istituti superiori statali al termine dei cinque anni non arriva a conseguire il titolo. Le scuole del Sud poi, ancora una volta, si ergono a leader negative: nella provincia di Napoli, ad esempio, negli istituti tecnici la percentuali di studenti che risultano dispersi nel quinquennio supera il 45%.

L’obiettivo è quindi superare l’attuale legislazione sull’obbligo formativo estendendo direttamente l’obbligo scolastico da 10 anni a 13 complessivi e agendo così su quel 36% di giovani che decidono di non iscriversi ad un corso di laurea. Sono più di 150mila ragazzi che ogni anno lo Stato dovrebbe preparare al meglio per il mondo del lavoro. In Europa l’obbligo formativo fino a 18 anni è già previsto in diversi paesi proprio per ridurre i tassi di abbandono precoce, oltre ad assicurare a tutti gli studenti un titolo di studio.

In tredici paesi la durata dell’istruzione obbligatoria a tempo pieno è stata prolungata di uno o due anni e perfino di tre, come nel caso del Portogallo, a seguito a recenti riforme. Anche l’inizio prima dei 6 anni è già ampiamente sperimentato con successo, visto che in dieci paesi l’istruzione obbligatoria è stata anticipata di un anno. La partecipazione dei bambini di 3 anni all’istruzione pre-primaria, invece, è ormai quasi totale in Belgio, Danimarca, Spagna, Francia e Islanda.

Una volta formati i nostri giovani non occorre però pensare che tutti i problemi siano risolti. Occorrerà anche rivedere i Centri dell’Impiego, creando delle strutture in grado finalmente di intercettare le richieste del mercato del lavoro e comunicare i dati direttamente ai centri di formazione. Solo rendendo comunicante il mondo della scuola e quello del lavoro si potrà infatti ridurre il fenomeno dei Neet e della disoccupazione.

Giovanni Fazio

Anief Campania

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