La Bohème incanta e Pompei torna grande

IMG_0749

Le luci del Teatro Grande si spengono, le note della Bohème riempiono l’aria tra la cavea e il cielo e la realtà sfuma, perdendo contorni e colori.  Le pietre e la malta, sfondo di antichi teatranti, sono richiamati in vita dal torpore dei secoli e della lava per riecheggiare le note tragiche ed immortali dell’amore di Rodolfo e Mimì. Così, nel sogno di una notte di mezzo autunno,  i “cieli bigi” e “i mille comignoli” di Parigi si ricompongono all’ombra del Vesuvio grazie all’incantesimo della musica di Puccini e delle parole di Illica e Giacosa.

Questo è l’incanto del Teatro Grande di Pompei che ci viene restituito e viene restituito alla cultura e al mondo, com’era tempo fa e come non è stato per tanto tempo, quando le pietre sono rimaste mute, il cuore e la mente degli uomini spenti. Un’alchimia possibile, quella della Bohème replicata sabato sera col balletto tratto dalla “Carmen” di Bizet, grazie all’ “Associazione sviluppo sinfonico” e alla “Fondazione Carnovale” che hanno organizzato l’evento con il patrocinio del Mibact e in collaborazione con la Soprintendenza  di Pompei, Ercolano e Stabia.  Grande prova per il giovane cast (Amalia Avilan – Mimì, Vittorio Grigolo – Rodolfo, Maria Carfora – Musetta, Ernesto Petti – Marcello e Carlo Cigni Colline) diretto con grazia e sapienza musicale dal maestro Alberto Veronesi e accompagnato con maestria dall’orchestra e dal coro del Teatro Massimo Bellini di Catania.

Da “Una gelida manina” a  “Mi chiamano Mimì” le note del maestro di Torre del Lago hanno stregato l’aria e gli abitanti di Pompei avvolgendoli nella dolce malia della  musica, cambiando il suono al silenzio che imprigiona le sue mura e i suoi sonni di lava e gesso, trasformandolo in una melodia capace di risvegliare le emozioni e gli accenti del cuore e dell’anima assopiti.

Molta parte del pubblico parlava una lingua straniera, soprattutto teutonica, e molti erano i pulmann visibili all’esterno di gruppi organizzati accorsi in massa ad assistere a un’iniziativa  suggestiva e di notevole spessore culturale. Ma la presenza più folta era quella degli italiani che potevano abbracciare in un solo colpo d’occhio due bellezze di cui il nostro paese potrebbe e dovrebbe essere fiero: una musica impareggiabile ed eterna, un sito archeologico che non ha eguali al mondo. Per molti Pompeiani, inoltre, l’emozione più grande è stata rivedere manifestazioni all’altezza del Teatro Grande dopo decenni di afasia seguiti all’epoca d’oro degli spettacoli a Pompei, quando sul palco c’erano Sinatra e Ray Charles.

Se la Bohème incanta, quindi, Pompei torna grande, ovvero torna a essere Pompei. E questa  volta permetteteci di esserne veramente orgogliosi.

 

Claudia Malafronte

Donazione sostieni il Gazzettino Vesuviano