Napoli, annunciata la chiusura della “Itron”: a rischio 46 lavoratori

itron napoli

Il 15 gennaio scorso l’azienda ha comunicato la decisione di cessare l’attività nella sede di Napoli.
Lo stabilimento ITRON di Napoli è ubicato in Via Filippo Maria Briganti, nasce nel 1989 con la fusione di due gruppi SIM BRUNT E CEM e, dopo una serie di acquisizioni, nel 2007 è stata ceduta dalla ACTARIS alla multinazionale americana ITRON.

Fin dalla nascita il sito napoletano è dedito alla fabbricazione di misuratori consumo gas metano ed oggi occupa, tra diretti ed indiretti, 46 dipendenti.

Il Gruppo ITRON ha un fatturato annuo di 1,9 miliardi di dollari, è presente in cinque continenti e 38 nazioni, vende in più di 100 nazioni i suoi prodotti e da’ lavoro a circa 8.000 persone.

I misuratori di categoria AF realizzati a Napoli sono acquistati dalle principali aziende che commerciano la fornitura di gas, quali: ITALGAS, ITALCOGIM,SIDIGAS,ALSTOM,GAS NATURAL, GAS DE BORDEAUX, CAMUZZI,AEM,QATAR,EMIRATI ARABI UNITI,MUNICIPALIZZATE CONTROLLATE DA ITALGAS,TURCHIA,GAS DE FRANCE,UKRAINA,AGSM AGAM, inoltre ci sono misuratori di categoria AP e G6 sempre realizzati a Napoli e venduti a ITALIA E PORTOGALLO,BOLIVIA,CILE,ITALIA,PORTOGALLO,MESSICO,KUWAIT . Oltre ai misuratori Napoli vende gruppi di misura a clienti come SSGC PAKISTAN,ALGERIA,TUNISIA,UKRAINE,AUSTRALIA,OLANDA,UNGHERIA, FRANCIA E IRAN.

La produzione è determinata a livello centrale e ad ogni unità produttiva del gruppo è assegnata una quota parte della stessa, indipendentemente dal Paese dove la commessa è stata acquisita. I due stabilimenti dediti alla realizzazione dei misuratori sono allocati a REIMS (Francia) e Napoli.

Per quanto riguarda l’unità produttiva di Napoli, per effetto della crisi economica che sta investendo tutti i settori produttivi, ma in particolar modo quello metalmeccanico, la ITRON, nel febbraio 2014, attivò una procedura di riduzione del personale per sei lavoratori, ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 223/91, che si tramutò, previo accordo sindacale, in un esodo incentivato che interessò quattro dipendenti. Da ottobre 2014, poi, lo stabilimento napoletano, per effetto della contrazione della domanda di misuratori, era in regime di Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria.

In data 15 gennaio 2015, in concomitanza con la riunione convocata a Bruxelles con i rappresentanti sindacali degli stabilimenti allocati in Europa, è stata data alla delegazione napoletana la comunicazione che il sito napoletano a marzo 2015 cesserà l’attività. Contemporaneamente, l’Unione degli Industriali della Provincia di Napoli anticipava a mezzo fax alla Segreteria della Fiom – Cgil di Napoli la procedura di cessazione di attività, così come previsto dall’articolo 24 della legge 223/91.

La descrizione della dinamica degli eventi dimostra in maniera chiara che l’azione è stata preparata nei minimi dettagli, e posta in atto con una freddezza ed una brutalità inaudita; i lavoratori non sono stati considerati esseri umani, ma trattati alla stregua di puri e semplici numeri da cancellare.

Se poi ci si attiene al merito della procedura, la ITRON, per giustificare la decisione, asserisce che essendo cessata la totale richiesta e, quindi, «produzione del misuratore di gas tradizionale “Gallus” per il cliente nazionale Italgas», cessa definitivamente l’attività a Napoli. Dato, però, che l’opificio napoletano realizza misuratori destinati a più mercati e per più nazioni e considerando che la produzione dei misuratori per il committente Italgas era anche effettuata in Francia (Reims) ed in Germania (Karlsruhe) , è evidente che la motivazione è del tutto destituita di fondamento.

Alla luce di quanto esposto, è necessario porre in essere tutte le iniziative istituzionali, fino al coinvolgimento del Governo nazionale, al fine di scongiurare l’ulteriore depauperamento del tessuto produttivo cittadino ed una non più tollerabile espulsione di lavoratori dal ciclo produttivo ed individuare percorsi alternativi alla cessazione di attività.

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