A Torre del Greco la conferenza “Il pomodorino del piennolo: una D.O.P. tra storia e cultura”

Piennolo-del-VesuvioLo scorso 12 maggio Vincenzo Sforza, presidente dell’Università Verde, nella Chiesa di San Filippo Neri, in via Salvator Noto a Torre del Greco, ha organizzato una conferenza dal titolo: “Il pomodorino del piennolo: una D.O.P. tra storia e cultura”, presentata dall’imprenditore agricolo, Giovanni Marino, fondatore del Movimento Cittadini per il parco e dell’azienda agricola Casa Barone di Massa di Somma, che fa parte del presidio Slow Food.
Da anni impegnato nella promozione e valorizzazione delle eccellenze enogastronomiche italiane, Marino ha soprattutto il merito di aver riavviato un prodotto di alta qualità – il pomodoro del Vesuvio, ottenendo nel 2010 il riconoscimento D.O.P. – Denominazione di Origine Protetta – andando controcorrente in un territorio dove l’abbandono delle colture è diventato consueto, riuscendo ad esportare il pregiato pomodorino perfino a Stoccolma, in Svezia.

Le coltivazioni di Casa Barone si estendono per circa 11 ettari alle pendici del Monte Somma, sui terreni attraversati dalle lave dell’eruzione del 1944. E proprio su quelle estensioni di terra, il tempo della campagna è scandito dal duro lavoro nei campi, ma la genuinità del raccolto premia il costante impegno dell’uomo con i suoi frutti migliori, come quando nasce il pomodorino del piennolo del Vesuvio, detto anche spongillo (per il pizzo che presenta alla sua estremità).
L’obiettivo futuro per Casa Barone è quello di creare un consorzio, in modo che i trasformatori, i produttori e le aziende possano commercializzare, ottenendo così una ricaduta positiva per il territorio.

La storia del piennolo del Vesuvio è antica e ben si intreccia con l’arte presepiale dell’800, quando tra i banchi dell’ortolano, si vede chiaramente l’esplosione dell’oro rosso, agganciato alle travi di legno di balconi e terrazze. Quei luoghi richiamano alcune zone del vesuviano, in particolar modo, la reale coltivazione del pomodoro gravita soprattutto tra San Sebastiano al Vesuvio, Ercolano, Massa di Somma e in parte Torre del Greco. Inoltre, il pomodoro, ricco di licopene, è da sempre un ingrediente fondamentale di due piatti simbolo della cucina italiana e napoletana: la pasta e la pizza.
Mangiar sano vuol dire vivere meglio se alla fonte è garantito un prodotto fresco e genuino. Nell’era degli OGM e dei prodotti industriali, qual è il valore del cibo di oggi?
Carlo Petrini, fondatore dell’associazione Slow Food, più volte ha dichiarato con incisività il suo pensiero sulla qualità del cibo e sul rapporto uomo – ambiente. In una breve raccolta di citazioni, rimando al lettore le sue personali riflessioni:
“Troppo spesso il cibo viene prodotto non per essere mangiato, bensì venduto; bisogna tornare ad avere un giusto rapporto con il cibo.”
“I tre princìpi di Slow Food e Terra Madre, sono buono, pulito e giusto. Il buono… va da sé. Il pulito significa rispettare gli equilibri della Terra. Il giusto si traduce in giustizia sociale per gli agricoltori che stanno per scomparire ovunque. Se l’ottimo riso che stiamo mangiando è stato raccolto da lavoratori in nero sfruttati come schiavi, questo mi disgusta.”

“Tutte le volte che mi fanno una domanda sul “cibo biologico” io mi chiedo: ma quando è partita la follia per cui è necessario certificare come un’eccezione ciò che dovrebbe essere la norma? Coltivare, allevare, trasformare la natura in cibo senza aggiungere input esterni, chimici e a base di petrolio, dovrebbe essere normale. È chi aggiunge fertilizzanti chimici, pesticidi, additivi, conservanti che dovrebbe dichiararlo, certificare e documentare la sua “anormalità”.
“Oggi a zappare ci vanno, ci vorrebbero andare, quelli che studiando hanno capito che è a partire dal cibo che si cambia il mondo, e si migliora l’ambiente, la salute, la qualità della vita di tutti.”
“Dobbiamo partire dal cibo come ricchezza, come scambio, come cultura. Solo proteggendo il nostro cibo possiamo pensare di salvaguardare le nostre risorse e il pianeta che ci ospita. La produzione, la distribuzione e il consumo di cibo ci coinvolge in maniera totale.”
“Il giorno in cui il cibo perderà la sua storia e il suo valore non ci sarà più speranza per nulla.”
Infine, vorrei concludere con un proverbio indiano che rivela la drammaticità di ciò che sta accadendo nel mondo:
“Quando l’ultimo albero sarà abbattuto e l’ultimo fiume avvelenato e l’ultimo pesce pescato ci renderemo conto che non possiamo mangiare il denaro.”

Rossella Saluzzo

Donazione sostieni il Gazzettino Vesuviano