Saltano gli equilibri di camorra a Napoli: guerra aperta tra clan ovunque in città. Dopo l’ultimo fatto di sangue registrato ieri nel rione Sanità dove alcuni giovani a volto coperto hanno fatto irruzione in un circolo dedicato alla Madonna dell’Arco uccidendo il ras Giuseppe Vastarella e Salvatore Vigna (ferendo nel contempo Dario Vastarella, Antonio Vastarella e Alfredo Ciotola), è ormai evidente come si combatta un conflitto generazionale all’interno della malavita partenopea senza esclusioni di colpi.
Basta osservare l’età media delle vittime (poco più che 20 anni) per comprendere la portata di una mattanza che ormai affoga Napoli in un oceano di violenza: poco importa l’orario o la location, la parola d’ordine è colpire mortalmente seminando terrore tra le fila avversarie. Teatro delle battaglie tra camorristi ormai l’intera città e gran parte della periferia. Un fenomeno tanto esteso quanto disarmante per la fiacca risposta delle istituzioni. Non si comprende, infatti, lo ribadiremo sempre con forza, di quale realtà blaterino i signori politici (certo non di Napoli) a livello centrale o impegnati nella campagna elettorale per le prossime amministrative locali. Napoli fa acqua da tutte le parti e qualcuno pensa ancora di risolvere la questione militarizzando la città senza promuovere nel contempo occupazione, scolarizzazione adeguata e sana aggregazione sociale.
Osservando la situazione logistica di molti istituti scolastici statali partenopei e la disorganizzazione che spesso impera nelle stesse pubbliche strutture, è facile comprendere il malessere di chi si vede defraudato dei propri diritti civili persino tra i banchi. Chi nega tale realtà, chi avalla politiche squinternate ad appannaggio solo dei soliti pochi eletti (massoni, cattivi politici, imprenditori collusi, camorristi, etc.) è correo dello stesso marciume. Non si può attendere che la tragedia ci colpisca direttamente per reagire, che al posto sbagliato nel momento sbagliato si trovi un nostro congiunto per comprendere come si mal viva a Napoli e in quale processo di vorticoso regresso sia finita la capitale del mediterraneo. Se non appartieni a Napoli conti poco o nulla: allora alziamo la testa e cominciamo a denunciare nel nostro piccolo le oscenità che ci circondano pensando non solo a noi stessi ma soprattutto al futuro di chi, se le cose non cambiano, ci maledirà per aver ereditato solo “munnezza e camorra” in barba alle immense potenzialità degli amati luoghi natii.
Alfonso Maria Liguori