Il Faito è una montagna privata. Non ufficialmente, certo: siamo nell’area dell’Ente Parco dei Monti Lattari, versante di Castellammare di Stabia. C’è qualche castagneto e qualche proprietà privata anche sulla carta, poi dovrebbe esserci il demanio. Un po’ di Comune, un po’ della vecchia Provincia, un po’ di Regione. E invece no, nei fatti qualcuno si è appropriato della montagna. Dei suoi alberi, dei suoi campi, della sua legna. Tredici chilometri di tornanti spettacolari per salire in cima, disseminati da dissesti, frane, rocce sporgenti, alberi che oscurano il sole e radici a vista. È una strada ufficialmente chiusa al pubblico da molti anni proprio perché dissestata e abbandonata a sé stessa. Nei fatti è aperta a tutti. Questo versante del monte Faito è pericoloso ed è proprietà privata. Lasciato al proprio destino da quando, negli anni ’90, spietati killer di un clan in piena faida di camorra si nascondevano qui dopo gli agguati in città. Prima, era il paradiso di escursionisti e cacciatori di funghi, c’era un obolo da pagare e un casellante che alzava la sbarra.




faito 16I padroni del monte Faito

È una montagna privata perché tenuta aperta, a proprio uso e consumo, da personaggi legati alla criminalità organizzata dell’area stabiese e dei Lattari. È una camorra vecchia, arcaica, rurale. Pascoli, taglio indiscriminato di alberi, strutture abusive, piantagioni di marijuana. Sembra essere qui da sempre e da tanti anni svolge anche compiti “utili”, come quello di tenere sempre aperta la strada utilizzando mezzi propri per liberarla da frane o da alberi caduti. Mettendo però a rischio tutti quelli che vi si avventurano. Intanto si continua a parlare a vuoto, da anni, di fondi per il rischio idrogeologico e per il rilancio di questo versante. Non bisogna dimenticare che la strada passa a pochi metri dai piloni della Funivia del Faito, la cui manutenzione è fondamentale per la sicurezza dei viaggiatori. Quest’anno la Funivia non ha ancora riaperto, l’azienda regionale che la gestisce è in ritardo con gli adeguamenti e la manutenzione, appunto. Il contesto non è dei più semplici.

Chi verrà qui a sottrarre il monte ai padroni? Qui lo Stato ha perso, semmai abbia deciso di lottare. Per capirlo basta semplicemente percorrere quei tredici chilometri di panorami mozzafiato e sottobosco invadente che partono dalle colline Quisisana. Preferibilmente a bordo di un’auto con buone sospensioni e accompagnati da un guidatore esperto.




Tronchi sulla strada

Si racconta che lo scorso anno, una mattina di un giorno di settembre, uomini del corpo forestale dello stato e carabinieri erano pronti per un grosso blitz antidroga tra i boschi del Faito. Era ancora buio quando le forze dell’ordine provarono a percorrere la strada, ma dovettero fermarsi quasi subito. Un grosso tronco abbattuto proprio in mezzo alla carreggiata impedì ai mezzi il passaggio. Bisognò fare a pezzi l’albero per passare, e ci volle un bel po’ di tempo. Poi la forestale risalì lungo i tornanti, gli uomini scesero dai mezzi per raggiungere il luogo impervio dove avevano individuato, anche con l’utilizzo dell’elicottero giorni prima, una grossa piantagione di marijuana. Al loro arrivo, però, non trovarono nulla. Era la stagione dei sequestri record quella del 2016 con tonnellate e tonnellate di cannabis estirpata e distrutta in tutta l’area dei monti Lattari chiamata quadrilatero della marijuana o Giamaica italiana. Si doveva chiudere col botto, magari arrestando anche qualche coltivatore. Non fu così. Qualche vedetta diede l’allarme, forse, e il tronco venne abbattuto per rallentare le autorità.

Quelli che lottavanofaito 2

Se c’è un luogo dove questo può accadere è proprio il versante stabiese del Faito. Gli uomini della forestale, unico pezzo dello Stato che fino allo scorso anno combatteva quotidianamente per la montagna, erano tutt’altro che degli sprovveduti. Conoscevano il monte, i boschi e i suoi particolari abitanti. Qui gli agenti c’erano stati spesso per fenomeni di abusivismo edilizio, con attività che hanno portato al sequestro e alla confisca di strutture e stalle, per l’abbattimento indiscriminato di alberi, per altre operazioni antidroga. Ora che la forestale è stata smantellata, accorpata o quello che è, le sortite dello Stato tra i boschi sono terminate.

Il conte Girolamo Giusso

Questa strada ha un nome, via Giusso, e nel suo tratto iniziale è disseminata da mini-discariche date alle fiamme. Più volte la cronaca si è occupata della via che porta il nome del conte Girolamo Giusso, antico proprietario, e che serviva soprattutto per portare e vendere a valle la neve prima dell’introduzione del frigorifero. Le forze dell’ordine ipotizzano anche un possibile traffico illecito di rifiuti, ovvero uomini senza scrupoli che su commissione recuperavano spazzatura di ogni genere per farla sparire tra i boschi. Una piccola terra dei fuochi, insomma.




Impallinati

Poi ci sono i cartelli stradali, vecchi di decenni. Molti sono impallinati, come da antiche “tradizioni”, per provare i fucili da caccia. E alcuni cartelli di pericolo d’incendio, inchiodati agli alberi, sono stati quasi inglobati dai tronchi. C’erano anche i segnali di divieto di caccia, staccati e gettati tra gli alberi o nei dirupi. La caccia “regolare” qui è un lontano ricordo, ora resta solo qualche bracconiere sui sentieri a monte. Tra la vegetazione spuntano cavi lunghissimi, della luce del telefono o chissà, che si arrampicano anch’essi tra gli alberi e si incontrano ad ogni tornante. Da dove partono e dove finiscono è un altro mistero di queste zone.

incendio 17Il rischio idrogeologico

Sulla montagna privata ci sono, oltre alla fauna dei boschi, animali lasciati a vagare tra alberi e frane. Cavalli, mucche, pecore, capre. Non hanno un bell’aspetto, e si perdono nel bosco che a un certo punto si fa fittissimo. Il bosco, appunto. E il conseguente rischio idrogeologico. Un pericolo percepito come astratto, lontano, che si concretizza nella maniera più drammatica quando la montagna viene giù e trascina tutto e tutti con sé. Invece è un rischio più che reale, ma per comprenderlo dobbiamo andare per gradi. Più su avevamo accennato al fatto che i padroni della montagna sono stati sorpresi più volte dalla forestale a tagliare indiscriminatamente alberi. Già, ma non tutti gli alberi. Partiamo dai castagni.

Boschi cedui

Sul versante stabiese del Faito insistono antichi boschi cedui, ovvero boschi che devono essere periodicamente tagliati. Molti di essi sono costituiti principalmente da castagni, e sono in un terribile stato di abbandono. Il problema principale, probabilmente, è che il castagno non è utilizzato come legna da ardere, bensì per la realizzazione di pali o per la raccolta del suo frutto. Il mercato dei pali oggi è assai ridotto rispetto al passato e la domanda è soddisfatta dai castagni provenienti da Pimonte e da Vico Equense. Il frutto, invece, la castagna, senza l’adeguata manutenzione dell’albero aggredito dall’insetto cinipide e la successiva raccolta, molto costosa per prodotti e manodopera, negli anni è divenuta cattiva e non più commercializzabile.




La strada dei rivi

Così i boschi di castagno del monte Faito sono stati lasciati al proprio destino, che coincide però con quello della popolazione a valle. Gli alberi col tempo hanno occupato anche lo spazio dei corsi d’acqua, dei rivi che dal monte corrono verso il mare. E quando si interrompe la strada dei fiumi nascono grandi pericoli, specie quel rischio idrogeologico che oggi tutti vogliono risolvere anche se il tempo scorre e gli alberi continuano a crescere. Le piccole frane e i castagni abbattuti che s’incontrano lungo via Giusso sono un chiaro segnale d’allarme di ciò che potrebbe accadere. Senza contare che il sottobosco così maltenuto è il sogno di ogni pazzo piromane.

Il parco giochifoto 11

I padroni della montagna sono invece ben più interessati ai boschi cedui misti, composti da alberi che possono essere rivenduti come ottima legna da ardere. Un bel colpo essersi appropriati di un monte intero in provincia di Napoli, dove non ci saranno molti camini ma ci sono pizzerie ad ogni angolo di strada. Un vero e proprio parco giochi fatto di aceri, lecci, roverelle e ontani. Un parco che deve restare aperto sempre e comunque.

Così qualche anno fa, quando si provò a chiudere la pericolosa strada utilizzando dei new jersey, questi vennero subito messi da parte per permettere il passaggio dei mezzi. Poco importa se, come accaduto l’inverno scorso, alcune persone si siano avventurate con l’auto sulla via innevata, bloccandosi e rischiando di rimetterci la pelle. Tutti sanno che la strada è aperta e un bel po’ di nostalgici, di abitanti del Faito, di escursionisti, provano a risalirla. Pochi giorni fa, in piena emergenza incendi, la polizia municipale ha dovuto mettersi di traverso per impedire alle auto di passare mentre i vigili del fuoco provavano a spegnere i roghi.




Puzza di fumo

Come in tutte le aree dei Lattari negli ultimi anni sono state individuate coltivazioni di marijuana, con piante che crescono rigogliose grazie ad un particolare microclima. Un business criminale milionario perché dopo l’essiccazione la cannabis viene spacciata in tutte le piazze del vesuviano. Le piazzole su cui si coltiva, spesso su terreno demaniale e a ridosso delle proprietà effettive dei padroni della montagna, molte volte vengono liberate tramite incendi appiccati col metodo dei sacchi di juta. Quello che bisogna tenere bene a fait 15mente è che conoscendo i sentieri dei Lattari è possibile passare da una zona all’altro in poco tempo, è possibile camminare qualche ora e raggiungere zone che, noi che utilizziamo le strade “ordinarie”, localizziamo come lontanissime. Basti pensare che sulla cima del Faito è ben visibile il Vallone Scurorillo, che arriva a Pozzano e si infila nel centro antico della città di Castellammare. Anche qui è stata trovata più volte un bel po’ di marijuana.

Le leggi, e chi le fa

Passare per via Giusso va bene, ma non bisogna intrattenersi molto o camminare tra i boschi oscuri. Ogni tanto scatta la cronaca isterica di riti satanici consumati tra gli alberi, ma i veri pericoli sono ben altri. Si rischia di fare la fine di qualche turista o qualche cercatore di funghi, che sono tornati alla propria auto scoprendo danni alla carrozzeria o gomme bucate. Bisogna fare attenzione, del resto, siamo in una proprietà privata. Sul monte stabiese vigono altre leggi, è necessario stare al passo di chi le fa.

Francesco Ferrigno

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