Dalla persona e dal suo agire in solidarietà può ripartire il riscatto del mezzogiorno d’Italia, soffocato da criminalità, fatalismo, sfiducia, rassegnazione e da una classe dirigente non all’altezza del compito. I Vescovi italiani hanno spiegato i mali del sud ed offerto soluzioni concrete nel documento “Chiesa e Mezzogiorno”, diffuso ieri. Possiamo definirlo, senza irriverenza, una “discesa in campo” della Chiesa per dire basta ad una politica che non governa le aspettative della gente, che lascia spazio alla criminalità, che violenta i territori ed uccide la speranza dei giovani e dei più deboli. Un appello a tutti gli operatori della Chiesa e a tutto il popolo del meridione d’Italia a diventare lievito di speranza e testimoni di un cambiamento che è possibile. I toni del documento incitano alla mobilitazione, sollecitano la necessità di diventare cittadini attivi nella solidarietà, spiegano che non c’è più tempo da perdere e che occorre darsi da fare senza aspettare aiuti che non arriveranno mai. È un appello alle risorse e alle capacità di uomini e donne del sud, al popolo, spesso sonnolento, della Chiesa. È vibrante la preoccupazione dei Vescovi per il degrado civile, morale e culturale che ammazza il Sud del Paese, ormai privo di progetti di ripresa e sviluppo, mancante di una classe dirigente libera da mafie e privilegi ed incapace di mostrarsi volenterosa ed efficiente per realizzare progetti condivisi di gestione e valorizzazione del bene comune. Ha scritto la Conferenza Episcopale Italiana che: “con rinnovata urgenza si pone la necessità di una cultura politica che nutra l’attività degli amministratori di visioni adeguate e di solidi orizzonti etici per il servizio al bene comune”. Ed ancora: “Il cambiamento istituzionale provocato dall’elezione diretta dei sindaci, dei presidenti delle province e delle regioni, non ha scardinato meccanismi perversi o semplicemente malsani nell’amministrazione della cosa pubblica, né ha prodotto quei benefici che una democrazia più diretta nella gestione del territorio avrebbe auspicato”. I Vescovi condannano i progetti di divisione del Paese all’interno di un cinico federalismo ma, al contempo, non disdegnano l’idea di “un sano federalismo che rappresenterebbe una sfida per il Mezzogiorno e potrebbe risolversi a suo vantaggio, se riuscisse a stimolare una spinta virtuosa nel bonificare il sistema dei rapporti sociali, soprattutto attraverso l’azione dei governi regionali e municipali, nel rendersi direttamente responsabili della qualità dei servizi erogati ai cittadini, agendo sulla gestione della leva fiscale”. È evidente la sfiducia nella possibilità che il riscatto possa aversi con le attuali generazioni della politica, nell’appello ai giovani che, in una prospettiva di impegno per il cambiamento, sono chiamati a parlare e testimoniare la libertà nel e del Mezzogiorno. “Non sembri un paradosso evocare il bisogno di riappropriarsi della libertà e della parola in una società democratica, scrivono i Vescovi, ma i giovani del Sud sanno bene che cosa significhino omertà, favori illegali consolidati, gruppi di pressione criminale, territori controllati, paure diffuse, itinerari privilegiati e protetti. Ma sanno anche che le idee, quando sono forti e vengono accompagnate da un cambiamento di mentalità e di cultura, possono vincere i fantasmi della paura e della rassegnazione e favorire una maturazione collettiva. Essi possono contribuire ad abbattere i tanti condizionamenti presenti nella società civile”. La Conferenza Episcopale Italiana è profondamente convinta dell’esigenza di investire in legalità e fiducia che sollecita “un’azione pastorale che miri a cancellare la divaricazione tra pratica religiosa e vita civile e spinga a una conoscenza più approfondita dell’insegnamento sociale della Chiesa, che aiuti a coniugare l’annuncio del Vangelo con la testimonianza delle opere di giustizia e di solidarietà”. In questo quadro viene sollecitata l’esigenza di ripensare e di rilanciare le scuole di formazione sociale e politica, come pure le iniziative di formazione comunitaria intensiva. Nel documento sul Mezzogiorno viene ribadito che la maggiore forza a servizio dello sviluppo è un umanesimo cristiano e per questa ragione, viene rivendicato alla dimensione educativa, umana e religiosa, un ruolo primario nella crescita del Mezzogiorno. “Uno sviluppo autentico e integrale ha nell’educazione le sue fondamenta più solide, perché assicura il senso di responsabilità e l’efficacia dell’agire, cioè i requisiti essenziali del gusto e della capacità di intrapresa”, spiegano i Vescovi, rimarcando, dunque, la precarietà, l’improvvisazione e il nichilismo dell’attuale personale della politica. “I veri attori dello sviluppo non sono i mezzi economici, ma le persone. E le persone, come tali, vanno educate e formate, in quanto lo sviluppo è impossibile senza uomini retti, senza operatori economici e uomini politici che vivano fortemente nelle loro coscienze l’appello del bene comune”. E’ il caso di dire: “Meno male che la Chiesa c’è!” e ha deciso di aiutare la povertà della politica. Antonio Irlando