“Nomi, cognomi e infami” di Giulio Cavalli al Teatro Nuovo

Storie eccezionali e persone normali, almeno così dovrebbe essere. Storie che dovrebbero verificarsi di rado, eccezionali appunto, e di persone come tante, normali appunto.

Ma così non è.  Perché ci sono storie che ci raccontano fatti che accadono troppo spesso e persone che per scelta o per forza si ritrovano ad essere meno comuni di tante altre.

Allora forse sono le storie ad essere diventate normali e le persone eccezionali, perché queste storie ci raccontano di mafia e di camorra, di soprusi, di ingiustizie, di violenza. Ma ci raccontano anche di persone che hanno scelto di non piegarsi agli ‘uomini d’onore’ perché l’onore, quello vero, è tutta un’altra cosa e a non farcelo dimenticare qualcuno ci deve pur pensare.

Uno spettacolo che è racconto, cronaca e discussione per scoprire alcune di queste storie.

Giulio Cavalli, come Roberto Saviano, da tempo viaggia sotto scorta, proprio a causa del suo impegno civile e delle denunce pubbliche da lui effettuate, sulle scena, di persone e atti criminali. Ha ricevuto varie intimidazioni nel corso degli anni. L’ultima lo scorso 4 febbraio, quando ha dovuto annullare uno spettacolo, perché 23 colpi di pistola, indirizzati simbolicamente a lui dalla criminalità organizzata lombarda, furono ritrovati accanto al teatro Oscar di Milano.

Cavalli narra in prima persona i fatti, i nomi, le facce di una vita che non ci appartiene e che non ha né onore, né dignità, una vita che stride di fronte a quella di persone come Don Peppe Diana, il prete ucciso a Casal di Principe per il suo impegno contro la camorra. Storie, per cercare di fare chiarezza intorno ai fatti che stanno dietro ad un omicidio tristemente noto, quello di Paolo Borsellino. O ancora per riportare alla luce fatti forse meno conosciuti, ma non per questo meno carichi di significato, come quelli che hanno per protagonista il magistrato Bruno Caccia, ucciso a Torino dall’ndrangheta per le sue indagini ‘troppo concentrate’ sulle attività illegali sviluppatesi in Piemonte.

Uno spettacolo fatto di vari episodi, interviste e ricostruzioni di chi questi fatti li ha davvero vissuti, come i testimoni di giustizia con le storie di Piera Aiello e Rita Atria, o come la vicenda dell’ assassinio mafioso di Giuseppe Fava riletto attraverso gli occhi di suo figlio Claudio.

Un percorso che attraversa le tante facce della malavita, anche con l’aiuto di chi quotidianamente la combatte come il magistrato Antonio Ingroia o le associazioni di ‘comuni cittadini’, come Legambiente, che portando avanti il proprio lavoro si sono scontrati con un’illegalità sempre più dilagante e hanno deciso di rispondere attivando la reazione di una parte della società civile.

Un percorso legato da un unico filo conduttore per mantenere viva la memoria, certo, ma anche per informare con dati e nomi, per dare voce a chi quotidianamente combatte una battaglia che troppo spesso sembra persa in partenza, per non cadere nella ‘normalizzazione’, per risvegliare le coscienze di una società civile che non può permettersi di ignorare quanto accade, perché se ne parli sempre, non si dimentichi e non si volti mai la faccia dall’altra parte.

… “Caro picciotto, o se preferisci, visto che hai imparato a pettinarti e vestirti pulito, caro estorsore, o, se preferisci, caro esattore. E poi caro al tuo capo ufficio, quello che sta seduto a contare i soldi quando alla sera raccoglie le mesate del mandamento, quei soldi che vi auguro che vi marciscano in mano. E poi cari a tutti i falliti, perché è da falliti mangiare sulla metastasi della paura degli altri, oppure, per capirsi meglio, cari a tutti gli uomini d’onore, così ci capiamo meglio, così vi prendiamo dentro tutti e entriamo subito in tema. Sono un commerciante di parole, a volte me le pagano bene, e arrotondo sempre il peso prima di chiudere la vaschetta. […] Questa sera apro la saracinesca fuori orario e vi vengo a cercare io, ma mica per i cinquecento euro così sto messo a posto, ma perché avrei, dico almeno, un paio di domande, una cosa da niente, mica per capire dove non c’è niente da capire, ma per togliermi il peso. Il peso di una curiosità che alla fine cercate sempre di farci pagare nel mercato della vigliaccheria di cui siete i detentori.”… G.C.

Giulio Cavalli: (Milano 1977) fonda a Lodi nel 2001 Bottega dei Mestieri Teatrali, associazione che produce gli spettacoli di cui è autore, regista e interprete.

Dopo le prime esperienze di Commedia dell’Arte è la giullarata sulla Resistenza Kabum!…come un paio di impossibilità! a siglare l’inizio del percorso artistico che oggi si può individuare nell’approfondimento di temi ‘scomodi’ e di attualità calati in una drammaturgia originale basata sull’analisi dei fatti e sull’inchiesta giornalistica che si intrecciano ad un linguaggio teatrale ritmico, musicale, spesso intessuto di grammelot.

Lo stesso percorso narrativo, fatto di strette collaborazioni con giornalisti, periti e giudici che hanno messo a disposizione del teatro la propria professionalità, lo ritroviamo in  Linate. 8 ottobre 2001: la strage che svela molti punti oscuri dell’incidente aereo. La piéce, che debutta al Piccolo Teatro di Milano nel 2006,  è seguita nel 2007 da Bambini a dondolo, favola senza bambini sul turismo sessuale su minori che debutta al Teatro Elfo di Milano e nel 2008 da Do ut Des, riti e conviti mafiosi in scena a Milano per la prima volta al Teatro Franco Parenti. Nel giugno 2009 debutta al Napoli Teatro Festival L’apocalisse rimandata ovvero Benvenuta catastrofe di Dario Fo. Il tema ‘mafia’ è al centro anche del recentissimo testo A cento passi dal Duomo sulle infiltrazioni milanesi scritto con il giornalista Gianni Barbacetto che ha debuttato al Teatro della Cooperativa di Milano.

Dalla stagione 2007/08 Cavalli è direttore artistico del Teatro Nebiolo di Tavazzano con Villavesco, nella provincia di Lodi, dove ha sede la residenza Anabasi della compagnia che è sostenuta da Fondazione Cariplo/E

Donazione sostieni il Gazzettino Vesuviano