Corrado Taranto, figlio di Carlo e nipote di Nino, ha seguito una naturale predisposizione che lo ha portato ad una mirabile carriera di attore ed autore di testi teatrali. Dopo aver cominciato con la grande sceneggiata di Tecla Scarano è stato in compagnia con Nino Taranto, poi con Mariano Rigillo nell’indimenticabile Masaniello, e ancora Mario Scaccia, Carlo Cecchi, i Fratelli Giuffrè, i fratelli De Filippo, Giacomo Rizzo. Anche dal cinema ha avuto belle soddisfazioni; con Troisi in “Pensavo fosse amore invece era un calesse”, con Mattia Sbragia in “Antonio Gramsci” con Jack Lemmon in “Maccheroni” ha dato vita sul grande schermo a personaggi che si ricordano con particolare simpatia. Nutrita anche la serie di opere che portano la sua firma; “Specie in via d’estinzione” “ Ma in America c’è il Vesuvio?” “Radio Pacchianella Sound” “E comm’è stato?” “Pallottole sul Vomero” “Voi azzuppate?” tanto per citare solo alcune delle esilaranti commedie che lo vedono come autore e regista. Insomma, un… Taranto a tutto tondo! Abbiamo avuto la fortuna di incontrarlo durante la suo tournè teatrale, che ha fatto tappa al Teatro Tenda di Ottaviano, dove si è soffermato con noi in una piacevole intervista insieme ad Antonio Merone, attore napoletano, che ha avuto l’idea di omaggiare i Fratelli Taranto, con la commedia di Raffaele Viviani, “a morte e carnevale”, facendo interpretare a Corrado Taranto, il ruolo di “carnevale” che fu del compianto ed illustre Padre.
1) Come è nata la Sua collaborazione con Antonio Merone e l’idea di inscenare un omaggio ai Fratelli Taranto?
“L’idea di inscenare un omaggio ai Fratelli Taranto, è stata di Antonio Merone. La collaborazione è nata semplicemente dall’aver trovato una persona che ama il teatro quanto me, e quindi aver trovato un altro pazzo.”
2) Perché la scelta della commedia “A morte e Carnevale” di Raffaele Viviani, e non altre commedie?
“Ma forse di Viviani, questa è forse tra le più belle. Rappresenta un mondo che Napoli non vuole accettare, un mondo cattivo, una napoletanità cattiva, brutta, sporca per certi versi. Sporca a livello umano. Un mondo che noi napoletani ripudiamo, non riconosciamo, forse anche per questo Viviani viene poco rappresentato, perche Viviani rappresenta una Napoli per certi versi vera”.
3) Se un giovane, Le chiedesse chi erano i Fratelli Taranto, come risponderebbe?
“Dovrei dire tante cose, perché hanno talmente poco da sapere sui Taranto, anche perché spesso e volentieri pensano sia solo un capoluogo della Puglia. Direi che erano due grandi professionisti, due uomini che hanno portato Napoli in giro per il mondo, amandola all’inverosimile forse quanto Totò e non sono andati via come hanno fatto altri artisti che poi sono tornati e hanno mangiato le ceneri di questa città.”
4) Un Suo ricordo personale di suo Padre? “Carnevale”.
5) Un Suo ricordo personale di suo Zio? “Forse Sposalizio, perché è stata l’ultima volta che l’ho visto in scena e già era malato di un brutto male ai polmoni, ed i polmoni per l’attore sono tutto, il maggiore strumento per il lavoro, e lui, nonostante ciò, cantava e recitava.”
6) Ci parli della sua carriera. “La mia carriera è iniziata proprio con Viviani. Prima con la sceneggiata di patrizio con nunzio gallo, Antonio Buonomo e facemmo papà e natale, con le colonna sonora scritta da Gigi Finizio. Poi ho debuttato in teatro in prosa con Nino Taranto e Doloris Palulmbo con un Viviani. La Figliata, regia di Vittorio Viviani, figlio di Raffaele Viviani”.
7) Il suo cognome e le origini illustri, hanno contribuito positivamente nella sua carriera, o talvolta potevano essere origine di paragone con i già citati Fratelli Taranto? “Sempre, il paragone lo si fa sempre. Nel campo artistico, io lo vedo con Cristian de sica, ottimo attore, cinepanettone a parte che io oserei chiamare volgarmente la pagnotta. De Sica è un fior d’attore”
8) Cosa direbbe ad un giovane che intende intraprendere la carriera teatrale? “Di partire per gli stai uniti, e tornare a Napoli in vacanza”.
9) Prossimi Progetti? “Spero con Antonio Merone tante belle cose”.
Pasquale Annunziata e Antonio Averaimo