Io sono veramente libero?
Sono libero dalle influenze dei libri che leggo, delle persone che frequento, del pensiero comune del tempo in cui vivo? Quanto ciò che apprendo dall’esterno agisce su di me anche se non me ne rendo conto?
Io sono libero da me stesso oppure sono come una macchina che riproduce sempre lo stesso programma? Ho scelto io ciò che sono? Posso scegliere di essere ciò che non sono, di andare oltre me stesso, in una parola di evolvermi?
Se, per un attimo, ripenso alla mia vita quotidiana, mi accorgo con sgomento che la libertà di cui vado tanto fiero è solo una illusione. Sono come un re che non comanda nulla nel suo regno, che è solo una figura di rappresentanza. Altre forze, che sono in me e che non conosco veramente, mi governano.
Mi comandano le passioni, l’alternarsi caotico degli stati d’animo. Anche il pensiero si muove secondo una sua logica propria, un suo meccanicismo, per cui a certe premesse corrispondono sempre certe conseguenze. Non sono capace di esprimere un pensiero che sia nuovo, che mi offra una visione diversa della realtà. Perciò, se mi osservo ho l’impressione di essere uno schiavo, una foglia in balia del vento.
Nel corso della nostra vita vi sono dei momenti in cui tutti noi, più o meno chiaramente, proviamo questa impressione. Ma non ci facciamo mai troppo caso, non vogliamo farci caso perché abbiamo paura delle conseguenze.
Io, se mi guardo veramente, appaio come un camaleonte che muta costantemente colore a seconda delle condizioni in cui si trova. Ora allegro e felice, ora triste, ora furioso, ora sereno, ora duro come la pietra, ora sensibile e ricettivo…
Io muto continuamente, ma non sono l’artefice del mio mutare. Sono le situazioni, gli altri, che mi dicono come cambiare, quali panni indossare. Io mi illudo di essere io.
La cosa più grave è che resto prigioniero di una determinata descrizione del mondo, per usare una espressione di Castaneda, di uno schema che mi ingabbia dandomi l’illusione di conoscere veramente. Guardo il mondo attraverso delle lenti di un certo colore e mi convinco che quello sia il colore del mondo. Non so di avere delle lenti perché sono tanto concentrato su ciò che guardo che ho dimenticato me che guardo. Non ho mai provato a sentirmi, a passarmi le mani dinnanzi agli occhi per accorgermi se c’è qualcosa tra me ed il mondo; se c’è qualcosa mi separa dal tutto impedendomi di conoscere e di conoscermi veramente.
Io ho sete di libertà, di libertà vera che non viene concessa ma che si conquista. Direttamente, in prima persona lavorando su me stesso. Io voglio conoscere veramente, voglio liberarmi di tutti i filtri che mi separano dalla Verità. Nel fondo del mio essere avverto chiaramente la sensazione che la realtà non è solo quella che mi appare, che c’è qualcosa che mi sfugge.
Il segreto per riuscire in questa impresa è l’Amore. Quando si ama veramente, infatti, si è capaci allo stesso tempo del massimo abbandono, apertura all’altro, e della massima presenza a se. Poiché l’Amore è un dono e nessun dono può essere tale se non viene realizzato nella più piena coscienza.
Nella via cavalleresca, come leggiamo ad esempio nei romanzi del ciclo bretone, la donna svolge un ruolo centrale. È lei che mette alla prova il cavaliere, ed è sempre lei che, se questi è riuscito vincitore, lo conduce alla realizzazione della sua impresa.
Lo stesso simbolo del Graal, d’altra parte, è una immagine del principio femminile. E, si dice, che solo colui che è puro può bere dalla sacra coppa senza correre il rischio di morire