Recentemente, senza mezze parole ma con concetti perentori e severi, 250 vescovi italiani hanno scritto di essere preoccupati per l’Italia, per un Paese che non dovrebbe limitarsi a “galleggiare”, ma trovare la forza e il coraggio di impegnarsi “a cambiare registro, a fare tutti uno scatto in avanti concreto e stabile verso soluzioni utili al Paese e il più possibile condivise”.
Ad una Chiesa sempre impegnata sui temi della dottrina e della diffusione dei valori di riferimento, non corrispondono cattolici testimoni e protagonisti di azioni positive alla luce della dottrina sociale della Chiesa. Per questo i Vescovi hanno invitato i credenti a “non omologarsi al pessimismo dilagante” e a rispondere all’allarme che deriva dalla “debolezza della politica”. Il presidente della Conferenza episcopale italiana, Angelo Bagnasco ha detto che i vescovi “sono angustiati per l’Italia che scorgiamo come inceppata nei suoi meccanismi decisionali, mentre il Paese appare attonito e guarda disorientato” ed ancora più preoccupati per la crisi del lavoro al punto da chiedere un urgente “piano emergenziale sull’occupazione”.
Quello che potrebbe sembrare un intervento “a gamba tesa” sulla scena politica, da parte di una chiesa normalmente prudente e storicamente incline ad usare la diplomazia anche nell’uso delle parole della comunicazione, sembra veramente una “chiamata” alla mobilitazione civile che ha un’affascinante retrogusto da crociata, a cui si ricorre quando i pericoli per la religione (cattolica e laica) sono ritenuti veramente gravi.
Il Paese è fermo, ingessato, narcotizzato, normalizzato, intontito, in balia di confusi e di azioni confuse, dove i singoli furbi che fanno presto a trasformarsi in delinquenti, si organizzano in bande e creano cricche, gruppi para politici, mostriciattoli di partiti ad personam ed aberrazioni genetiche della società che dovrebbero decidere e gestire le comunità, di cui, invece, sempre più spesso, sono virus che uccidono la speranza e la voglia di crescere nel bene comune.
Esempi eclatanti, prototipi negativi della storia d’Italia, del nostro presente, da noi sono tutti tristemente presenti. Il lavoro che scarseggia e rende più povero il territorio e gli uomini che lo vivono, la monnezza che incombe quotidianamente sulle nostre vite e soffoca il futuro, gli scavi di Pompei che si riducono in macerie per abbandono e sprechi e sono, nel mondo, l’emblema della nostra incapacità di governare.
I vescovi, rispetto ad una politica che non ha tempo (perché impegnata a tempo pieno in guerre personali) ed è troppo spesso incapace di applicare soluzioni utili, condivise e durature ai mali della nostra quotidianità, perché incapace è gran parte del personale che la compone, non hanno fatto altro che aiutarci ad aprire gli occhi e ad attivare iniziative di responsabilità che riguardano tutti, da qualsiasi lato si guardi l’Italia, dove, soprattutto, nessuno è escluso, cattolici e non.
Antonio Irlando