“Batterio killer”, dal Cnr di Avellino una nuova tecnica per l’identificazione

Nelle ultime settimane la popolazione mondiale ha vissuto nell’angoscia per la preoccupante e virulenta epidemia causata da quello che è stato da tutti ribattezzato il “batterio killer”. Un grosso contributo per la soluzione di questo allarmante caso epidemico è offerto dal CNR di Avellino, centro d’eccellenza della ricerca scientifica regionale e nazionale. In una esclusiva intervista, per i lettori del Gazzettino Vesuviano, il prof. Antonio Malorni, ricercatore del CNR e Direttore  dell’Istituto di Scienze dell’Alimentazione, che ci svela i dettagli di uno studio innovativo con il quale è stato messo a punto un metodo rapido per l’identificazione dei batteri.

Gentile prof. Malorni, il cosiddetto “batterio killer” in realtà non è altro che una varietà del comunissimo ed innocuo batterio fecale Escherichia coli, che vive comunemente nell’intestino degli animali a sangue caldo, uomo compreso. Quali potrebbero essere, secondo lei, le cause che hanno generato questo ceppo virulento?

E’ noto che i batteri si riproducono asessualmente per scissione binaria preceduta dalla duplicazione del DNA.  Di conseguenza, grazie alla riproduzione asessuata, si ottiene una uniformità della popolazione dal momento che tutte le cellule batteriche risultano uguali fra di loro e uguali alla cellula madre. Tuttavia anche nei batteri esistono fenomeni di variabilità genetica e, pertanto, un nuovo ceppo di batterio della stessa specie di quello di partenza si può formare principalmente per mutazione spontanea. In questo caso si possono generare ceppi dotati di virulenza per l’uomo a partire da ceppi generalmente non virulenti. E’ il caso, ad esempio, del ceppo virulento E.coli O157:H7. Ma anche i ceppi di E. coli presenti nel nostro intestino, normalmente non virulenti possono diventarlo se dall’intestino passano in un altro organo o tessuto.

Recenti studi da lei condotti su E. coli, in una variante simile per virulenza al ceppo “killer”, dimostrano che all’origine del contagio c’è sempre la carne e i derivati, latte compreso. Di opposto indirizzo sono però le indicazioni che arrivano dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, propensa ad imputare come origine del contagio prodotti vegetali. Cosa pensa di questa incongruità?

Le tossinfezioni alimentari di origine batterica sono molto più comuni di quello che si pensa. Generalmente, però, sono dovute ad un’altra specie di batterio, le salmonelle. Per quanto riguarda le tossinfezioni da E. coli virulenti effettivamente i vettori sono stati prevalentemente prodotti animali. Però negli USA negli anni 1989-1990 ci fu un episodio dovuto all’acqua potabile con 243 casi di intossicazione identificati e 4 decessi, mentre nel 1996 in Giappone ci fu un altro episodio dovuto a germogli di ravanello bianco con 8.576 casi di intossicazione identificati e 3 decessi. Vedremo in questo caso da dove viene questa contaminazione, se da prodotti vegetali o prodotti animali.

Limiti e difficoltà sono stati evidenziati, dal sistema sanitario internazionale, nella capacità di identificare rapidamente e con certezza il “batterio killer”. Lei, recentemente, ha pubblicato uno studio con il quale informa della messa a punto di un metodo rapido per l’identificazione di batteri. Potrebbe spiegarci come funziona e se la tecnica è applicabile al caso specifico?

Presso l’Istituto di Scienze dell’Alimentazione del CNR di Avellino, nell’ambito di un progetto dal titolo “Trattamento di prodotti freschi altamente deperibili  per garantirne qualità, sicurezza e salubrità”, il mio gruppo di ricerca si è occupato di sviluppare una nuove metodologia di spettrometria di massa per l’identificazione rapida di batteri di interesse alimentare.

Sono state finalizzate allo sviluppo di una metodologia rapida e innovativa per l’identificazione di microorganismi basata sull’analisi mediante spettrometria di massa MALDI-TOF di cellule batteriche intatte (ICMS). La strategia messa a punto consente di introdurre cellule batteriche intatte nello spettrometro di massa, uno strumento capace di effettuare l’analisi diretta di miscele di proteine in modo da ottenere per ciascun batterio studiato uno spettro di massa che è un profilo molecolare caratteristico, dovuto alle proteine debolmente legate alla parete batterica o che vengono rilasciate in seguito ad una parziale lisi di essa nello strumento. La dottoressa Rosa Siciliano ed io abbiamo dimostrato che lo spettro di massa di ciascun batterio costituisce un’impronta digitale estremamente specifica del batterio analizzato e che la metodologia messa a punto consente di discriminare non solo tra batteri appartenenti a differenti generi e specie, ma soprattutto di condurre una discriminazione intra-specie, cioè, ad esempio tra ceppi differenti di E. coli, che sono i batteri coinvolti in questo caso. Abbiamo costituito una banca dati di profili molecolari di diverse decine di batteri, tra i principali patogeni contaminanti degli alimenti, ed abbiamo dimostrato che per confronto con la banca dati si può non solo riconoscere un batterio particolare presente in un alimento ma si possono riconoscere anche più batteri presenti contemporaneamente nell’alimento tossico. Poi la ricerca si è interrotta e non abbiamo potuto ampliare la banca dati di profili batterici per rendere il metodo applicabile su vasta scala ma in questo caso specifico sarebbe facilmente applicabile. Basterebbe avere un po’ di cellule del nuovo batterio che è stato isolato per ottenerne il profilo molecolare e poi si potrebbero analizzare centinaia di campioni al giorno perché il metodo consente di avere una risposta identificativa in pochissimi minuti, rispetto alle molte ore o ai molti giorni necessari ad altri metodi di analisi.

Ferdinando Fontanella

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