Portici, omicidio Buonocore: parola alla difesa della famiglia Perillo

Pochi giorni dopo l’anniversario della morte di Teresa Buonocore, uccisa a Napoli il 20 settembre 2010 da quattro colpi di arma da fuoco, si torna a parlare della dinamica dell’assassinio. Poche ore dopo l’omicidio gli inquirenti arrestarono Alberto Amendola e Giuseppe Avolio (nella foto) con l’accusa di esecutori materiali dell’uccisione della Buonocore. Contraddicendosi varie volte, Amendola confessa alle forze dell’ordine che il mandante dell’omicidio sarebbe Enrico Perillo, condannato in primo grado per presunti abusi sessuali ai danni della figlia della vittima. Amendola avrebbe spiegato agli inquirenti che Perillo sarebbe stato aiutato dalla sua famiglia, in particolare dalla moglie e dal fratello che avrebbero organizzato l’omicidio ed armato i killer.

Le contraddizioni di Amendola. Per la prima volta a parlare è l’avvocato della famiglia Perillo, Lucio Caccavale, che solleva numerosi dubbi sulle indagini portate avanti fin’ora dagli inquirenti. La difesa spiega che le indagini si sono svolte sulla base delle sole dichiarazioni di Alberto Amendola, considerato l’esecutore materiale dell’omicidio e definito da una perizia di parte come “afflitto da uno stato ansioso depressivo associato ad aspetti di immaturità e a tratti patologici di personalità di tipo demente”. Inoltre a sostenere la tesi della difesa è una informativa del commissariato di Portici, dove viene raccolta la testimonianza di una persona che conosceva bene Amendola. Nell’informativa infatti, il testimone definisce gli Amendola come “una famiglia di maleducati, arroganti, prepotenti e barbari”, mentre spiega che Alberto “è matto e capitava spesso che nel cortile Sant’Anna, giocava con le pistole ed esplodeva colpi in aria”. Nella nota il testimone conclude spiegando che “Alberto Amendola spesso mi ha minacciato di morte ed un giorno mi ha, con il suo motociclo, investito i piedi”.

I dubbi sul movente degli abusi sessuali. Secondo la difesa mancherebbe il movente che avrebbe spinto Perillo ad ordinare la morte della Buonocore. I legali spiegano che la tesi portata avanti da Amendola, che espone che Enrico Perillo sarebbe il mandante dell’omicidio in quanto Teresa Buonocore avrebbe denunciato gli abusi che quest’ultimo avrebbe compiuto su sua figlia, crollerebbe dato che non sarebbe stata Teresa Buonocore a denunciare tali abusi ma una terza fonte. Secondo i legali, inoltre, la Buonocore anche in aula avrebbe dichiarato di non essere a conoscenza e di non avere mai preso coscienza della situazione se non dopo le indagini svolte dalle forze dell’ordine.

I dubbi sulla dinamica dell’omicidio. Secondo la difesa, anche la ricostruzione dell’omicidio spiegata da Amendola farebbe acqua da tutte le parti. Nel primo interrogatorio, Amendola spiega che il motorino che affiancò l’auto della Buonocore era guidato dal fratello di Enrico Perillo e che a sparare sarebbe stato il suo amico Giuseppe Avolio. Amendola coinvolge inoltre anche la moglie di Enrico, rea di aver atteso che l’operazione fosse terminare per riaccompagnare il cognato a casa. Ma la tesi è stata prontamente smentita sia dalla moglie che dal fratello di Enrico, che hanno dimostrato che nelle ore nelle quali si è consumato l’omicidio erano impegnati. Con precisione la moglie di Enrico ha dimostrato che in quell’ora era presso uno sportello postale per effettuare un pagamento, mentre il fratello, accusato di guidare il motorino con a bordo il killer, ha dimostrato di presenziare in quel momento presso la questura di Napoli, per ritirare dei documenti. Gli agenti stessi hanno confermato la versione riconoscendo il fratello di Perillo. Inoltre un’altra informativa del commissariato di Portici, raccoglie la testimonianza di una persona che in nel giorno dell’omicidio ha visto Amendola abbandonare il motorino in via Petrarsa e salire a bordo di un secondo motorino. Questa testimonianza smentisce l’estraneità ai fatti dichiarata in un primo momento da Alberto Amendola.

La distruzione della lettera. Ulteriori perplessità da parte della difesa riguardano le dichiarazioni di Amendola, che accuserebbe Enrico Perillo di avergli fatto recapitare una lettera nella quale c’era l’ordine di morte per la Buonocore. Secondo la difesa, la lettera  non sarebbe mai stata trovata, e le versioni fornite da Amendola per quanto riguarda la distruzione di quest’ultima sarebbero molteplici e contrastanti tra loro.

Parola alla difesa. “Le indagini degli inquirenti – commenta Lucio Caccavale, avvocato della famiglia Perillo – si sono concentrare subito sulla famiglia Perillo, senza probabilmente vagliare altre piste, senza contare che accusare Enrico Perillo, è la prima ipotesi, se non la più semplice, dato il precedente procedimento. Inoltre agli atti risultano numerose informative di cui però non si fa assolutamente menzione e non c’è traccia di attività investigativa. Gli scenari potrebbero essere svariati. Non credo che gli inquirenti ad esempio abbiano tenuto conto della presunta vicinanza di Amendola ad alcuni clan. Altre informative parlerebbero anche di altri componenti della famiglia Amendola e colgono altri aspetti della vita della vittima. Mi chiedo se effettivamente siano state vagliate tutte le possibilità e battute tutte le piste possibili, anche in merito ad altre probabili motivazioni che avrebbe potuto avere Amendola per premere il grilletto. La speculazione che è stata fatta sull’intera famiglia Perillo, la moglie, il fratello e la madre incensurati è stata incessante”

La vita privata di Teresa Buonocore. Il riferimento dell’avvocato di Perillo, tra un possibile collegamento tra gli Amendola e la vittima, emergerebbe da un’ulteriore informativa diffusa dalla squadra mobile della prima sezione della questura di Napoli. Infatti, nell’informativa si legge una dichiarazione di una fonte definita confidenziale e degna di nota che spiega: “la mattina dell’omicidio Teresa Buonocore intorno alle ore 9 usciva di casa frettolosamente. Riguardo la sua vita privata – spiega la fonte confidenziale nell’informativa – riferiva che era una donna dai facili costumi, era solita rientrare a casa molto tardi e frequentava molti uomini, ultimamente si accompagnava ad un uomo di circa 50 anni alto 1,70 metri, robusto con capelli brizzolati che viaggia a bordo di una ford nera. Il suo primo matrimonio – si legge nell’informativa – dal quale aveva avuto due figli adulti che vivono a Milano era finito per un suo tradimento. Aveva vissuto nella repubblica domenicana per qualche anno poiché aveva una relazione sentimentale con un dominicano e da quella relazione erano nate due figlie, che ora sono adolescenti e che attualmente vivevano con lei e con la nonna. Il suo compagno dominicano successivamente aveva vissuto qualche anno con lei a Portici, ma qualche anno fa era ritornato nella sua nazione. Attualmente – si conclude la nota della squadra mobile della prima sezione della questura di Napoli – aveva una agenzia di viaggi all’interno della stazione marittima di Napoli e tra le sue amicizie c’erano diversi poliziotti. Un episodio cruento risale a due anni fa quando aveva subito l’incendio della porta di casa”.

Le indagini sulla famiglia Perillo. L’avvocato Caccavale, inoltre, spiega: “La famiglia Perillo è una famiglia come tutta altre e appare inverosimile la ricostruzione fornita da Amendola che riporterebbe ad una sorta di congiura familiare. Inoltre i coniugi Perillo hanno due figlie minorenni, vittime anche loro di questa brutta storia. L’intera famiglia è stata esposta alla gogna mediatica sulle presunte dichiarazioni di un omicida, e nessuno ha mai fatto menzione che l’intera famiglia ha dimostrato di essere altrove quella mattina nonostante le mendaci dichiarazioni di Amendola”

Andrea Scala

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