Le illuminazioni natalizie sono state al centro delle discussioni dell’ ultimo scorcio del2011 aPompei e forse non è un caso. Esse, infatti, costituiscono la cartina di tornasole del malcontento montante intorno all’amministrazione comunale che sembra aver perso il polso della città che a gran voce lamenta distanze e dissonanze rispetto agli umori e ai gusti che ispirano Palazzo De Fusco. Così anche una semplice riflessione sulle luminarie di una frazione qualunque del comune può diventare lo specchio della città e dei suoi umori. In risposta alle polemiche sulle luminarie e sul “caso” Messigno molti hanno fatto notare che un caso non era ma che si poteva parlare di un sistema delle periferie che sta crollando, lasciato all’incuria e all’abbandono, di cui queste luci non sono che l’emblema più eclatante. Nessuno ha preso le difese del Palazzo, anzi tutti si sono lamentati che l’analisi si sia limitata alla sola frazione a sud del comune. E via Nolana, con le sue stelline blu, rare e solitarie, perse nel cielo plumbeo di dicembre? O Viale Mazzini, che pure è prossima al centro ma non abbastanza evidentemente, i cui astri, gemelli di quelli di Messigno, non sono per questo meno soli e tetri? Probabilmente se Van Gogh si fosse trovato a Pompei invece che in Provenza non avrebbe dipinto la notte stellata, quelle povere stelline, solinghe come eremiti del cielo, gli avrebbero fatto troppa tristezza di sicuro. E cosa dire delle strade che costeggiano il centro alle spalle del Santuario? Hanno forse avuto una sorte migliore? Nossignore, sono sempre lucette scarne e distanziate quelle che le “addobbano”, ridisegnando così il concetto di periferia, intendendolo come qualsiasi luogo non immediatamente visibile dal turista che passeggia per il centro. Certo vi sono “casi” ancora peggiori come via Molinelle dove non vale il “fiat lux” del centro o via Casone in cui, per una strana forma di compensazione, il piccolo ulivo della rotonda è stato ricoperto da un tripudio di luci, neanche fosse l’albero del Rockfeller Center di New York, rendendo ancora più stridente il contrasto con la via oscura. Il Natale, comunque, non sono le sue luci, si obietterà. E sia concesso. Ma se sono stati spesi 70.000 euro per le luminarie, che specialmente di questi tempi sono un bel capitale, ci si aspettava di più, di meglio, ci si poteva organizzare, si poteva ascoltare la voce popolare, i cittadini, accontentarli o quantomeno farli parlare. Con questo risultato ci si potrebbe pure indignare volendo, svegliandosi un po’ dal torpore del dopo cenone e delle libagioni. Si dirà: si è scelto di accontentare i turisti, attirare persone da altri paesi con le luci d’artista. Eppure non si sono registrate migrazioni oceaniche, non sono pervenuti avvistamenti di frotte di visitatori per immortalare le opere d’arte installate a via Lepanto. Né orde di appassionati si sono catapultate nella surreale tendo-struttura che si staglia sulla facciata del Santuario campeggiando solitaria nella piazza principale con bagliori e luminescenze che richiamano quelli delle serre illuminate delle strade di periferia, chiaro rimando alla civiltà contadina di cui la storia pompeiana è ricca. Sarò sempre passata in giorni e a ore sbagliati ma, salvo rarissime eccezioni, l’ho trovata semivuota e pervasa da un senso di abbandono. Se una notte di inverno un viaggiatore si trovasse a passare di lì, così per caso, non si fermerebbe, ve lo dico io, è un po’ freddina, e, diciamolo pure, asettica. I randagi, invece sì, gradiscono e molto spesso salgono anche sul palco mentre solitarie coppiette guardano estasiate le luci dall’altra parte della strada, appena filtrate dalle trasparenze delicate della tenda. Basta girare in questi giorni nelle strade salernitane, se vi riesce, dato il bel caos di gente che vi serpeggia, per saggiare la differenza. Un risultato comunque è stato raggiunto: tutti sono scontenti, quelli che le luminarie non le hanno avute e quelli che le hanno avute e non le volevano, residenti e forestieri. Ma tanto i cittadini chi li ascolta? Li si lascia parlare e quelli parlano, parlano e credono persino che non ci sia più niente da aspettare. Io, invece, credo che sia ancora opportuno confrontarsi e chiedere che un’amministrazione accontenti i cittadini o quantomeno raccolga la loro voce e ne faccia tesoro. E pensare che alla scorsa tornata elettorale il primo cittadino in un comizio pubblico, proprio a Messigno, dichiarò, subito sovrastato dagli appalusi: “… i primi cinque anni sono stati per il centro, i prossimi saranno spesi per le periferie”?!?
Per ora non ci resta che sperare nelle luci del prossimo Natale.
Claudia Malafronte