Per la prima volta la storia non si ripete: al passaggio sotto al balcone della casa del boss Renato Raffone la statua di San Catello non si ferma. Questa volta il passaggio in via Brin non ha riservato colpi di scena come nelle ultime due uscite della santa effige. I portatori della statua non hanno dato spazio all’inchino al vecchio boss detto Battifredo. Non hanno sostato, come hanno sempre fatto, sotto il palazzo del boss scongiurando qualsiasi polemica. La sinergia tra Palazzo Farnese e il nuovo arcivescovo della diocesi di Sorrento-Castellammare mons. Francesco Alfano ha funzionato senza intoppi né incomprensioni. Il primo cittadino stabiese nel post-processione ha rivelato la ‘strategia’ per evitare l’omaggio alla camorra: all’uscita del cantiere di via Duilio il vescovo Alfano invece di posizionarsi in capo al corteo ha affiancato il sindaco Bobbio. Per il passaggio in via Brin tutti e due vicini, subito dopo i portatori della statua del santo patrono. In molti erano pronti a scommettere sul ripetersi dell’omaggio alla camorra. Invece no, tutto è andato secondo il normale svolgimento del tradizionale rito religioso. San Catello ha fatto la sua entrata in scena alle 10 in punto dove in piazza Giovanni XXIII erano già radunati fedeli, confraternite e ministranti. Poi via al consueto percorso tra le strade del centro cittadino. Non poteva mancare la visita della santa effige nello stabilimento Fincantieri di via Duilio dove, appena varcata la soglia dei cancelli, sono squillate forti le sirene del cantiere. Qui il vescovo Alfano, alla sua prima processione, ha tenuto la sua prima visita ufficiale nello stabilimento (alcuni giorni fa c’era stata già una visita informale). “Questa è una tappa obbligata per la processione – ha detto Alfano alla folla di fedeli – Il cantiere è e deve continuare ad essere il cuore pulsante della città”. Volti gioiosi quelli del fiume di stabiesi riversatisi in strada per la processione. Gioia trasmessa anche dalle espressioni somatiche del nuovo vescovo Alfano che durante il percorso non ha risparmiato sorrisi e saluti. “Oggi hanno vinto l’unione e la sinergia tra le istituzioni – ha detto Bobbio – La fermezza già manifestata da parte delle istituzioni civili si è, infatti, saldata con la fermezza assoluta dell’istituzione religiosa, ed è stata questa la garanzia perché in occasione della processione di San Catello si uscisse definitivamente dall’ambiguità. Da oggi, finalmente, la statua del Santo è tornata ad appartenere alla Chiesa, alla Curia e ai cittadini. Questa volta, i portatori hanno in qualche maniera subito una imposizione. Tuttavia, mi auguro vivamente che anche per i portatori l’imposizione si sia già trasformata in condivisione”. In chiusura Alfano lancia il suo monito raccontando un aneddoto : “Un signore ha alzato la voce e mi ha detto: Eccellenza, fateci risorgere. Io non posso far risorgere nessuno, ma Dio sì. Pensavo: dovremmo diventare tutti un po’ portatori. Portare sulle spalle, non come hanno fatto loro in modo così preciso, bello e tradizionale, il destino degli uomini. Tanti genitori mi hanno mostrato i loro figli piccoli: prendiamoci a cuore tutti le nuove generazioni. Prendiamoci sulle spalle chi è in difficoltà. Nessuno risolve niente da solo, nemmeno il vescovo. Tutti dobbiamo impegnarci per far risorgere la nostra bella e grande città”.
Nessun inchino al boss ma solo una lunga sequenza di botti e fuochi d’artificio. Bobbio: “Segnale di frustrazione”
Una lunga sequenza di batterie di fuochi d’artificio con annessi botti. Le esplosioni si sono registrate quando il corteo della processione è sfilato in via Brin al passaggio della statua di San Catello. Le batterie di fuochi d’artificio sono state posizionate sul tetto di un palazzo di fronte la casa del vecchio boss Renato Raffone. Nessun inchino per il boss detto Battifredo, nessuna commistione tra rito religioso e omaggio alla camorra. Ma per ovviare al mancato inchino è stata trovato un ripiego: botti e fuochi d’artificio, il tutto in pompa magna. Anche questo un omaggio, che ovviamente non interferisce col rito religioso ma che ha comunque un significato simbolico. Simboli e gesti, qualcuno più eclatante mentre qualche altro meno esplicito, proprio come quello di ieri mattina. Bobbio ha commentato così: “Ho registrato con non poca soddisfazione, il lungo e fragoroso intermezzo di fuochi d’artificio partiti dal tetto del fabbricato di fronte al «noto balcone» non appena lo stesso è stato superato di gran carriera dalla statua del Santo. Non si trattava, per le mie orecchie, di fuochi di gioia, ma si trattava della manifestazione della rabbia e della frustrazione di una camorra oggi battuta e impotente”. I gesti eclatanti invece si sono registrati nel mese di gennaio scorso quando il boss Raffone con un dito puntato fece cenno ai portatori della statua di fermarsi. Poi pochi secondi di sosta, il tempo di salutare la statua del santo patrono con baci mandati con una mano. In seguito un altro cenno gestuale ai portatori per dire: potete andare. Furono questi i clamorosi cenni di Battifredo che fecero adirare il sindaco Bobbio a tal punto da sfilarsi dal corteo e convocare una conferenza stampa per spiegare il tutto. Meno espliciti ma comunque simbolici i fuochi d’artificio e i botti fatti esplodere dagli stessi palazzi su cui, in occasione della prima uscita dell’anno della santa effige, era comparsi striscioni contro l’amministrazione del sindaco Bobbio. Contestazioni dovute alle polemiche che avevano preceduto il rito religioso. Sempre qui, questa volta in occasione della festa dell’Immacolata, erano comparse striscioni e scritte sui muri contro il primo cittadino stabiese il quale, per motivi di sicurezza, aveva voluto l’accensione dei tradizionali falò sull’arenile e non tra le strade cittadine.
RC