Scavi di Pompei: l’amianto colpisce ancora. Morto un custode

Non si ferma la catena di morti legate all’amianto negli scavi di Pompei. Una settimana dopo l’archeologa Marisa Mastroroberto, a spegnersi è Domenico Falanga, 67 anni, custode in pensione e ex sindacalista UNSA. Causa del decesso sarebbe, ancora una volta, il mesotelioma, un tipo di tumore ricollegabile all’esposizione alla sostanza killer. Proprio il 25 novembre, alla notizia della morte della funzionaria, Antonio Marfella, tossicologo-oncologo dell’Istituto nazionale tumori  Pascale di Napoli e membro del direttivo regionale dell’Isde  “Medici per l’ambiente” dichiarava all’Adnkronos: “Una morte legata all’amianto, quello smaltito nei siti demaniali in tutta la Campania e in particolare nei siti archeologici. Questi sono siti preferenziali per lo sversamento di amianto ma non solo, piu’ in generale di rifiuti tossici. Un esempio e’ rappresentato dai fusti di diossina nei dintorni di Acerra, sversati dai camorristi li’ dove sono le tombe dei sanniti massacrati dal console Marco Corvo nella Seconda guerra sannitica e sepolti nelle fosse comuni dell’antica citta’ di Suessola, dove oggi c’e’ la frazione di Calabricito. Una piccola Pompei contro la quale si e’ scagliata la camorra”. Non meraviglia quindi, spiega ancora Marfella, “che lungo la strada che porta alla discarica di Terzigno i siti demaniali come Pompei siano un luogo preferenziale per lo smaltimento di rifiuti altamente tossici come l’amianto. Utilizzando il sito demaniale il problema non e’ competenza di un privato ma diventa responsabilita’ dello Stato”. Dopo pochi giorni il suo triste presagio si è rivelato maledettamente vero. Sul caso amianto negli scavi sta indagando la procura di Torre Annunziata. Emesso anche un avviso di garanzia nei confronti della soprintendente Cinquantaquattro per effettuare gli accertamenti tecnici nel sito. Secondo alcune indiscrezioni, le morti per amianto tra i dipendenti della SANP sarebbero ben ventiquattro. Una Taranto in miniatura che non desta lo stesso scalpore e, purtroppo, neanche gli stessi provvedimenti. Perché  la Soprintendenza non sposta i dipendenti nei nuovi uffici di Casina Pacifico e viale S. Paolino? Di recente ristrutturati dalla gestione commissariale, sono inutilizzati mentre i lavoratori continuano a essere dislocati presso la struttura di Porta Marina Superiore, proprio quella sospettata di essere la madre di tutti i mali. E ancora: “Cosa aspettano i Ministeri ai Beni Culturali ed alla Salute ad intervenire in modo deciso ed eventualmente anche a prevedere la momentanea chiusura cautelativa del sito? Cosa ci assicura che anche i turisti che ogni giorno affollano gli Scavi di Pompei non siano a rischio?” dichiarano il commissario regionale dei Verdi Ecologisti Francesco Emilio Borrelli ed il garante regionale del Sole che Ride Carmine Attanasio. E la stessa magistratura potrebbe assumere provvedimenti in ordine al perdurare della permanenza dei lavoratori in quegli uffici? L’esposizione, se c’è stata, ormai non si può eliminare. Ma si può evitare l’accumulo e l’ulteriore, eventuale rischio. Detto questo, è avvilente che a vent’anni dalla legge che mette al bando l’amianto (l. 572/ 1992) si debba ancora scegliere tra lavoro e morte, si debba ancora lottare per un diritto che dovrebbe essere acquisito. L’art. 32 della costituzione tutela il diritto fondamentale alla salute. Ma a queste latitudini, evidentemente, quella tutela attende ancora di essere attuata.

                                                                                                 Claudia Malafronte

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