Torre Annunziata, “Alta Marea”: l’Appello conferma condanne per boss e gregari dei Gionta

aulaNo alla scarcerazione dei “Valentini”: è questo il verdetto di secondo grado della sesta sezione della Corte di Appello alla richiesta di scarcerazione degli uomini del clan Gionta.

Una sentenza che conferma quella di primo grado dove sui centodue tra boss, luogotenenti e affiliati al clan camorristico sono piovute condanne pari a ottocento anni di carcere totali.

Nonostante secondo la difesa i termini massimi di custodia cautelare fossero scaduti lo scorso dicembre, reclamando, quindi, l’immediato ritorno in libertà, la Corte ha prontamente negato tale tesi confermando, quindi, i verdetti precedenti.

Le richieste di scarcerazione, invocabili solo per chi nel primo grado del processo “Alta Marea” aveva ottenuto come pena massima dieci anni, sorgono in seguito all’accoglimento, da parte del Tribunale del Riesame, del ricorso effettuato dall’avvocato penalista Salvatore Irlando che ha ottenuto la messa in libertà per il suo assistito, Aldo Agretti, nipote del boss Valentino Gionta, condannato in primo grado a nove anni e quattro mesi per traffico di droga.

Secondo la Corte di Appello, vista la complessità del procedimento in esame e la gravità dei fatti commessi dagli imputati, è stato possibile aggiungere altri mesi di custodia cautelare rendendo vane, quindi, le richieste di scarcerazione da parte degli avvocati difensori dei cosiddetti “Valentini”.

Mentre si preparano le ovvie e quantomai scontate richieste di riesame per i procedimenti, Aldo Agretti è tornato dietro le sbarre con altre e nuove accuse: tentato omicidio e porto abusivo di arma da fuoco per il ferimento, nell’aprile del 2004, di Aniello Nasto per il mancato saldamento di alcuni debiti.

Intanto, forse per il clima testo di questi giorni, Torre Annunziata ritorna a fare da padrona nelle pagine di cronaca nera: a distanza di due settimana, sono stati commessi due raid camorristici contro due affiliati o presunti tali della vita criminale della città, Francesco Chierchia prima, Vittorio Palumbo poi.

Quest’ultimo è stato colpito lunedì da ventidue colpi di arma da fuoco mentre si trovava presso la sede della cooperativa dei pescatori in via Caracciolo. Nonostante siano ancora ignoti i motivi dell’agguato, parecchie ombre aleggiano sul passato di Palumbo parente di Natale Scarpa, boss dei Cavalieri ammazzato nell’agosto del 2006 e fratello di Michele Palumbo, affiliato al clan Gionta, uno dei suddetti condannati a dieci anni nel processo “Alta Marea”.

 

Marco Seppone

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