Scavi di Pompei, Cisl e Uil: “In due anni partiti due cantieri del GPP”

Scavi di Pompei - via NolaNemo profeta in patria. Questa massima oltre a valere per gli uomini sembra condannare anche arte e monumenti che, negletti nel suolo italico, fanno fortuna altrove. Succede per Pompei, le cui rovine rovinate in Italia, campeggiano in teche e esposizioni di tutto il mondo. Dopo la celebre mostra del Museo Maillot di Parigi, stavolta è Londra ad accaparrarsi i nostri tesori ed esporli in una mostra di grande successo al British. Tutto bene, esportare cultura è un vanto, ma come vanno le cose nella “nostra” Pompei? A denunciarlo ancora una volta i rappresentanti sindacali, Antonio Pepe (CISL) e Maria Rosa Rosa (UIL): “A Londra le Domus pompeiane rivivono al British Museum, a Pompei muoiono nell’incuria degli Scavi. Si fa tanto clamore per l’interesse che sta ottenendo la mostra allestita all’estero al British Museum di Londra con soli 250 dei reperti di Pompei, che noi avevamo accantonati nei magazzini archeologici degli Scavi e del Museo Nazionale di Napoli fruttando oltre 7 milioni di euro al British Museum in sei mesi, senza calcolare l’indotto. Quanto di questo business poi tornerà nella disponibilità della Soprintendenza non si sa, probabilmente nulla, se non in termini di immagine. Dall’altro canto immagine poi lesa per la delusione di coloro che incuriositi dalla mostra londinese troveranno a Pompei i reperti di nuovo sottochiave e chiuse al pubblico le domus più belle, preziose ed importanti”. Esempi di questa serrata di Pompei ce ne sono a iosa. I sindacati citano i casi più emblematici:  “la Casa dei Vettii che con i suoi affreschi ha promosso il maggiore interesse per la conoscenza di questa antica città, chiusa al pubblico e ingabbiata con ponteggi da 12 anni per lavori di restauro sospesi; rimane chiusa la Casa del Centenario, quella del Lupanare piccolo, vi sono mosaici che rischiano di svanire come quello del Cave Canem sito nella Casa del Poeta Tragico e tante altre domus. Continuano a rimanere chiusi l’Antiquarium di Pompei e quello di Ercolano per i quali sono stati spesi milioni di euro in restauri e allestimenti”. E il Grande Progetto Pompei che avrebbe dovuto cambiare il volto della città antica e salvare le sue domus cadenti? Anche qui il bilancio riportato dalle organizzazioni sindacali getta nello sconforto: “In oltre due anni dall’approvazione del Progetto sono iniziati appena due lavori, quelli relativi alla Casa dei Dioscuri e al Criptoportico, come si pensa di poter realizzare tutti i restanti 37 progetti e lavori di restauro indicati nella brochure del Grande Progetto Pompei entro i prossimi due anni (2015 data di scadenza dei finanziamenti UE, ndr)?”. Intanto dall’8 al 10 aprile si è riunito lo Steering Commitee, il comitato guida deputato al coordinamento e alla vigilanza sull’attuazione del GPP. “Il Comitato – scrivono i sindacati – dovrebbe ancora una volta fare il punto della situazione, lo stesso ministro Barca aveva sottolineato, nei giorni scorsi, l’importanza di realizzare in tempi brevi il programma concordato con il suo Ministero per gli impegni del Grande Progetto Pompei”. Tempi che sembra ormai difficile rispettare e a rischio sono gli stessi finanziamenti UE che, se non usati entro il limite cronologico previsto, vengono meno. Mentre all’estero Pompei prospera, quindi, in patria di nuovo arranca. Paradossalmente una delle poche città antiche viventi al mondo, vede le sue domus “aperte” nei musei e prigioniere e inaccessibili nelle sue mura. A perderci ovviamente siamo tutti. Inutile dire che nessun museo è paragonabile all’aria che si respira nella Pompei antica, come nessun reperto del British poteva competere con la suggestione dell’Acropoli ateniese. Ad Atene però hanno inaugurato un museo e molti reperti all’estero sono stati restituiti. A Pompei il museo è ancora chiuso, molte domus anche. L’oscuro presagio è che, continuando così, per vedere la città sepolta dovremo andare all’estero.

                                                                                                     Claudia Malafronte

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