La discarica a cielo aperto di via Varano: prosegue la rovina dell’Antica Stabia

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Direste mai che l’immondizia, gli scarti delle attività umane, possano fare da ingresso a un complesso archeologico tra i più antichi del mediterraneo? La domanda è assolutamente retorica. Un individuo dotato di un minimo di buon senso darebbe una risposta negativa a un simile interrogativo. Non si può conciliare in alcun modo, infatti, la bellezza, il fascino del passato con il degrado e l’abbandono moderno. Eppure, questa miscela esplosiva, cancerogena oltre misura, è possibile ammirarla nel vicoletto di accesso a una delle ville dell’antica Stabia, quella di Arianna.

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Questa stradina – Via Varano per la precisione – serviva da collegamento tra la parte bassa di Castellammare, viale delle Puglie e centro storico, e quella alta della città, dove come è noto si sviluppava in epoca romana l’antico insediamento di Varano. Dico serviva, perché da tempo immemore questa strada è chiusa al traffico. E non si capisce bene il perché. Lavori di adeguamento fognario, gineprai di erbacce, smottamenti delle colline circostanti. Alcuni dei motivi addotti alla chiusura. Nel frattempo, latitando interventi seri e definitivi, il selciato è regredito allo stato di letamaio, ricoperto di materassi, mobili, scarti di costruzioni, senza considerare il puzzo nauseabondo di animali in decomposizione. Esempi – negativi naturalmente – come questo di villa Arianna inducono a dire sempre le stesse cose. Cose ritrite, consumate, avvilenti. Cose che cadono da anni nel vuoto. Nella voragine delle connivenze istituzionali, delle attività truffa di fondazioni e associazioni di promozione del territorio, dell’inciviltà della società cosiddetta civile stabiese.

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E’ mortificante cercare il meglio sempre da un’altra parte. Dire, per esempio, che i paesi stranieri sanno valorizzare il patrimonio artistico e culturale in maniera più adeguata della nostra. Dire che i fondi vanno a finire sempre da un’altra parte. L’Italia è il paese delle proteste. Il paese delle lagnanze. Un paese gonfio di retorica e magro d’azione. In Italia si chiacchiera, ci si indigna contro il proprio avversario, ma poi ci si va a cena tranquillamente. I beni culturali, ho sentito dire, sono il petrolio di questo paese. Un’immagine orrenda, viscida, detta tempo fa da un ministro democristiano. Cosa che non sorprende, visto che lo scempio artistico e culturale del paese si è drammaticamente consumato sotto i colpi di coda della balena bianca. La chiave per cancellare scempi come quello di Villa Arianna passa inevitabilmente attraverso la selezione di una classe dirigente virtuosa. Sindaci, assessori, funzionari, soprintendenti. Un ricambio di qualità da garantire fissando regole nuove: trasparenza e approccio manageriale ai beni culturali. Non esiste strada diversa. Anche perché, continuando a malversare in questo modo la ricchezza ricevuta in eredità dai nostri antenati, entro lo spazio di una generazione tutto sarà finito. Tutto dimenticato. Tutto irrimediabilmente perduto. E noi sempre più poveri, più bruti, e inevitabilmente meno uomini.

Angelo Mascolo

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