Solfiti nella carne, condannato al carcere il macellaio

cane macellaioGiro di vite per i commercianti senza scrupoli che hanno la biasimevole abitudine di mettere i solfiti nella carne. Scatta il carcere per contraffazione di cibo per il macellaio che continua a vendere carne macinata adulterata con sostanze chimiche per renderla esteticamente accettabile anche dopo la denuncia di uno dei clienti che, a seguito del consumo del prodotto, ha continuato la vendita. A sottolinearlo è Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” , che da risalto alla sentenza della Corte di cassazione che, con la sentenza 22618 del 30 maggio 2014, ha sancito l’inammissibilità del ricorso del titolare di una macelleria contro il giudizio di colpevolezza della Corte d’appello di Catania che lo ha condannato a 4 anni di reclusione per aver messo in commercio carne fresca con aggiunta di notevoli concentrazioni di additivi alimentari.

E’ stato difatti riscontrato un ulteriore caso di positività all’uso fraudolento di solfiti in carni macinate, in quanto sostanze non consentite e con caratteristiche allergeniche non dichiarate in etichetta.La carne è stata comprata e consumata da una giovane studentessa che, per l’allergia provocata dalla sostanza illegittimamente aggiunta dal macellaio, ha riportato una reazione da shock anafilattico con arresto cardio-circolatorio riportando gravi lesioni personali. Per la prima sezione panale, in linea con la Corte siciliana, ha ritenuto inammissibile il ricorso del commerciante che ha dichiarato di aver utilizzato un preparato, costituito da una polvere da diluire con acqua, per arrestare i fenomeni putrefattivi della carne, e di non conoscerne la composizione: ciò è assolutamente improbabile configurando il reato di adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari perché l’uso dei solfiti è vietato nelle carni fresche e, nella qualità di operatore del settore, egli sapeva, anche perché aveva dovuto frequentare corsi sul rispetto della normativa alimentare e della salute pubblica (in particolare, che l’uso del solfito nella carne conservava solo in apparenza la freschezza del prodotto e renderla «esteticamente accettabile», proteggendolo dall’ossidazione, ma non dal processo putrefattivo).

Pertanto, essendo il reato in questione di mero pericolo ed essendo sorretto da dolo generico, veniva ritenuta sufficiente la coscienza e volontà della condotta e dell’evento a esso collegabile, cioè il pericolo obiettivo per la salute per la configurazione dell’elemento soggettivo.Insomma, le risultanze alle quali giungono i sanitari che ricoverarono la giovane e il consulente tecnico sono sovrapponibili e non danno spazio a valutazioni alternative, nemmeno all’ipotesi che altri componenti, quali l’aceto balsamico, possano avere avuto incidenza nella reazione avuta dalla giovane donna. Infine, circa la mancata concessione della circostanze attenuanti generiche, Piazza Cavour è concorde con il giudice catanese che ha osservato le gravi conseguenze arrecate alla giovane vittima, alla spregiudicatezza manifestata dall’imputato, che avrebbe continuato a vendere la carne adulterata anche dopo la denuncia, emergendo così tratti di irresponsabilità e personalità negativa. Al ricorrente non resta che pagare mille euro alla Cassa delle ammende.I solfiti appartengono alla categoria degli additivi il cui utilizzo nelle carni macinate, preparate ed insaccate fresche, è tassativamente vietato per legge. I solfiti sono utilizzati illecitamente da alcuni macellai perché possiedono un’azione conservativa, rallentando la crescita microbica e antiossidante, mantenendo quindi il colore rosso delle carni. Si tratta di un rosso invitante, ma comunque «innaturale». Per tali ragioni lo “Sportello dei Diritti” consiglia al consumatore di richiedere la carne tritata a vista al momento dell’acquisto per ridurre i rischi di mangiare carni con solfiti.

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