Casola di Napoli: inaugurazione della mostra di Giovanni Ferrenti

giovanni ferrentiAttraverso un percorso espositivo di circa 40 opere tra dipinti, sculture, ceramiche e grafiche, la mostra vuole favorire ed ampliare la conoscenza di una realtà artistica e scientifica che viene espressa dall’artista Giovanni Ferrenti vulcanico e prolifero. In grado di trasformare una condizione tragica in un idillio e viceversa. Si è cercato di evidenziare in una ragione di affermazione e di indipendenza creativa, contribuendo a valorizzare, insieme alla sua dimensione privata, anche la vita culturale del nostro paese.

Giovanni Ferrenti è un artista napoletano che può essere ascritto all’arte astratta, si distingue per una ricerca iconica e oggettuale che tende a scardinare codici linguistici precostituiti. La sua opera si pone al confine tra varie forme espressive e, attraverso la sperimentazione di linguaggi diversi e l’abbandono dell’oggetto figurativo in sé, si apre sempre ad un rapporto metalinguistico tra parole, immagini e cose, creando un cortocircuito vitale tra oggetto e soggetto. Lo studio dell’Apeiron si intensifica mediante le immagini, considerando le sue relazioni storiche, estetiche e concettuali a partire dalla fine degli anni ’40, successivi all’incontro col “nucleare”, quando i suoi giochi con i riverberi della luce impressi sulle pellicole fotografiche davano origine ai “Fotogrammi”, infondendoli di luce e di colore si spinge verso i Cromogrammi negli anni Cinquanta e giunge agli anni ’60 del Novecento con l’invenzione del “Pendolo luminoso” col quale la sua ricerca giungerà ad una sintesi plastico – cromatica di una realtà in continua trasformazione. Lo studio incessante delle forme è un modo per accostarsi alla bellezza della natura, una misura di essa è fondata sulla proporzionalità e sull’equilibrio. Il Maestro ha da sempre cercato di capire la natura scrutando l’infinitamente piccolo e spaziando all’infinitamente grande. Collezionava sassi e conchiglie perché era affascinato dalla loro forma a spirale. Così come Fontana ricerca l’infinito nei buchi o nel taglio spaziale della tela Ferrenti cerca di imprimerlo su di essa mediante le tracce del pendolo luminoso, che tramite i fotogrammi evidenziano l‘infinito imprigionato dalla luce e trasmesso sulla carta o sulla tela, o addirittura elaborato mediante un sistema binomio quale si presenta quello del computer grazie al quale lo scultore riesce a creare un nuovo linguaggio artistico che presenta i suoi massimi sviluppi nel ciclo delle grafiche dal titolo “Il mio piccolo mondo infinito”(2013) che si concretizzano in sculture facenti parte di una nuova ricerca sugli “Ossimori della Vita”. Oggi il maestro avverte la certezza, e lo dimostra nella presente mostra, che esistono altre dimensioni oltre le tre percepite dai nostri sensi e che configurano la nostra esperienza nel mondo e con le sue opere conduce i nostri occhi verso una sintesi grafo-pittorica di una realtà infinita. L’infinito sta ad indicare una vita che continuamente si rigenera e muta, incomprensibile a un occhio puramente quantificante e nella quale l’uomo rappresenta solo un infimo dettaglio, un’ombra, un finito. Il suo dialogo con le cose è severo, elevato, sottratto alle identificazioni immediate: l’esca dell’immaginario, il frammento riconoscibile, è solo l’indizio che coniuga l’illusione di concretezza con l’ininterrotto multiforme, con quei fermenti vitali sempre identici nella loro totalità e sempre vari nelle determinazioni del tempo che segnala il divenire dall’energia alla forma.

In occasione dell’inaugurazione della mostra, in programma domenica 7 dicembre alle ore 10.30, si svolgerà una Conferenza a cui parteciperanno il Sindaco del Comune di Casola di Napoli Domenico Peccerillo, gli assessori Pietro Martire e Pasquale Santarpia, il presidente della Pro-Loco di Casola di Napoli Gaetano Cannavaciuolo, interverranno inoltre la prof.ssa Clementina Gily Reda (Università degli Studi Federico II), la dottoressa Annamaria Santarpia, curatrice della mostra, critici d’arte, varie istituzioni politiche, artisti e giornalisti. Modera l’arch. Antonella Laura Cascone. Ci sarà inoltre una proiezione con buffet.

Giovanni Ferrenti nato a Napoli nel gennaio del 1936, dove ancora lavora incessantemente. Nel ’43 a causa della guerra si trasferì con la madre e il fratello Gennaro a Maiano, frazione di Sant’Agnello, in penisola sorrentina, dove incontrò un mondo idilliaco. Qui ebbe una doppia fortuna quella di allontanarsi dalla visione tragica della guerra e di avvicinarsi al mondo dell’argilla, grazie alla presenza di una fabbrica di mattoni nei pressi della sua casa, e grazie soprattutto alla pazienza di Raffaele un mastro che gli insegnò a modellarla. Tornato a Napoli si iscrisse all’Istituto di chimica A. Volta però durante gli allenamenti, per le sue gare agonistiche, (suo il premio alla staffetta 4×100) un brutto incidente gli procurò un coma dal quale uscirà, però, con delle complicazioni che porteranno suo padre a chiedere aiuto a medici norvegesi ma nulla era valso alla sua memoria e alla sua concentrazione che era instabile, quindi, il padre per tranquillizzarlo gli disse: “Non ti preoccupare ti troveremo un lavoro” facendo scattare in lui un senso di rivincita verso la vita. Voleva riappropriarsi di qualcosa che gli era stata ingiustamente strappata. Le notti insonni lo costringevano a stare sveglio e a dipingere incessantemente. Poi gli fu consigliato un periodo di riposo lontano da tutto e tutti. Fu portato ad Ospedaletto D’Alpinolo nei pressi di Montevergine dove incontrò Lilla che sarà sua moglie e la sua ancora di salvezza, infatti, sarà proprio lei a consigliargli di approfondire la sua passione per l’arte e lo iscriverà all’Accademia di Belle Arti di Napoli dalla quale uscirà con profitto e vincerà anche un premio. Il suo primo periodo artistico è stato ascritto a quello di artisti quali Greco, Manzù, Marini, ma io ag¬giungerei anche il professore di anatomia Gastone Lambertini, anatomo patologo, di cui Ferrenti era giovane allievo, infatti, seguì le sue indicazioni di rappresentare l’universo microcosmico, e grazie a queste ricerche giunse ai “Cromogrammi” che furono ben visti da Guido Tata¬fiore, che credendo nelle sue doti lo presenterà a Mario Colucci noto esponente del Gruppo 58 napoletano che ha aderito agli ideali dell’arte nucleare in Italia. Nel 1952 incontrò Peppe Macedonio ceramista e amico, che gli ha trasmesso emozioni e interesse per le figure umane. Negli anni Cinquanta iniziò la sua ricerca spaziale-temporale, sulla via dell’astrattismo internazionale, (con l’utilizzo della macchina fotografica), che sfocerà prima nei Fotogrammi (1950-52), poi nei Cromogrammi (1953-59), e successivamente con l’invenzione del pendolo luminoso giungerà alle ‘Tracce luminose’ (1956-62), e alle Strutture spaziali (1965), i Monumenti inutili (1966-67), le Ricerche modulari (1968-70), le Strutture modulari (1971-75), gli Spazi possibili (1976-80), Gli spazi concentrici (1981-83), le Cariocinesi (1984-85), le Superfici – luce (1986-88), le Metamorfosi (1989-90), le Metafore (1991-93), il Tempo e lo Spazio (1994-99) Ferrostrutture (1998-2005), Tracce segniche (2006-2011), Grafiche spazio-tempo o Il mio piccolo mondo infinito (2012-2013) fino ad oggi con gli Ossimori della vita (2014). Le emozioni che prova chi si trova faccia a faccia con le sue opere sono drammatiche e idilliache al tempo stesso. La sua costante è la certezza di un mondo parallelo oltre il quale l’uomo non riesce a giungere se non grazie ad una razionalità emotiva e all’intelligenza del cuore. La sua attività gli ha procurato molti consensi: Nel 1961 vince il premio “Cementir” per la scultura. Nel 1985 vince il Premio Nazionale “ Città di S. Giorgio”. Nel 1989 è insignito del titolo di “Benemerito della Scuola dell’Arte e della Cultura” dal Presidente della Repubblica con Medaglia d’oro proposta dal Ministero della Pubblica Istruzione. Nel 1990 vince il Premio “Arte 90” della Mondadori – Milano. Nel 1995 vince il Premio Nazionale “A. Volpi” della Provincia di Pisa. Nel 1998 istalla a Furore, sulla costa d’Amalfi, la sua prima opera “Nel Giardino del tempo Sara accompagna un uccello” Agli inizi del 2000 esegue per il Comune di Agerola: “Le sfere concentriche”, Nel 2011-12 viene scelto da V. Sgarbi per la partecipazione alla 54ᵃ Biennale di Venezia – Padiglione Italia con l’opera “Sul Campo di ortiche galoppa il vento e la farfalla muore”. Il 15 novembre 2014 ha istallato a Furore la sua ferrostruttura, Lilla parla col tempo di materia e Infinito, Canto d’Amore”(2003). E’ stato per anni insegnate in scuole professionali, licei e ha collaborato con l’Accademia di Belle Arti di Napoli per l’organizzazione della grande mostra “Napoli scultura” a Palazzo Reale nel dicembre del 1988 e nel 2000 organizza con l’Istituto d’Arte Filippo Palizzi la mostra all’aperto a Gragnano “Prospettive Del Tempo, Prospettive Nel Tempo”.
Sempre attento alla creatività artistica dei suoi allievi, ha partecipato e partecipa a laboratori didattici, in collaborazione con l’Università degli Studi di Napoli Federico II. E’ membro onorario di varie Accademie italiane. Molte sue opere sono conservate in musei d’Italia e dell’estero.

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