“Preghiera. Un atto osceno” al Teatro Elicantropo di Napoli

PREGHIERA. UN ATTO OSCENO_una scena_01E’ possibile riuscire a raccontare la malattia a teatro? Margherita Ortolani, nella doppia veste di autrice e interprete, affida la sua risposta allo spettacolo Preghiera. Un atto osceno, in scena giovedì 12 marzo 2015 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 15) al Teatro Elicantropo di Napoli, per la regia di Giuseppe Isgrò.
In un delicato e rigoroso allestimento, che la compagnia Phoebe Zeitgeist di Milano e il TGA di Palermo hanno deciso di portare in scena, affidandone l’interpretazione alla stessa Ortolani e a Vito Bartucca, la storia della medicina s’intreccia al tema del diritto alla morte e a una riflessione sulla fede religiosa.
È alle sue sensazioni fisiche che l’autrice-attrice delega questo difficile compito, attraverso un flusso continuo di elementi sensoriali, cercando di disegnare le tappe del viaggio che un’anima compie verso la propria sopravvivenza.

La narrazione prende vita da un resoconto rigoroso e quasi scientifico di alcune sensazioni fisiche. Il tempo del dolore si affianca a quello del sollievo, la paura della morte si scontra con la volontà di continuare a sperare e la sofferenza si trasforma nello spunto per una ricerca spirituale.
La messa in scena prende il via da un urlo prolungato della protagonista, che fa pensare a uno stupro, un dolore osceno. Non è violenza sessuale, ma lo strazio di una malattia senza speranza, che fa perdere tutte le energie e anche l’anima; ed è un continuo passaggio tra la speranza e la disperazione, una continua violenza da parte di medici-aguzzini e da farmaci che spossano.
Una donna malata racconta come il traslarsi del suo corpo fra sanità e malattia, corrisponda, progressivamente, a un inferocirsi del rapporto con il lessico e il potere della parola tecnico-scientifica, in un percorso fra umano-troppo umano e disumano, che coinvolge sia la forma testuale sia il concetto filosofico dell’invocazione laica, anteriore a quello che la tradizione religiosa ci ha poi tramandato.

La condizione del malato, fra speranze di ritorno a una vita di spensieratezze e la gabbia della costrizione della malattia, trova nell’allestimento metafore e rimandi continui, fra sogni e realtà.
In quest’universo claustrofobico, dove il corpo si trasforma in pezzi che non funzionano, il di Margherita Ortolani rivela, in scena, la lotta contro la malattia e la resistenza alla perdita di sé.
Una materia incandescente, perturbante, poichè morire, in una società consumistica basata sulla rimozione della morte, ci pone domande scomode sulla libertà di scelta.

Donazione sostieni il Gazzettino Vesuviano
Condividi
PrecedenteSan Giorgio a Cremano, sit-in del M5S per salvare il parco di via Aldo Moro
SuccessivoIl caso dei marò raccontato da un’analista di intelligence
Il giornale “il Gazzettino vesuviano”, fondato nel 1971 da Pasquale Cirillo e attualmente diretto da Gennaro Cirillo, si interessa principalmente delle tematiche legate al territorio vesuviano e campano; dalla politica locale e regionale, a quella cultura che fonda le proprie radici nelle tradizioni ed è alla base delle tante associazioni e realtà che operano sul territorio.Siamo impegnati a garantire la massima qualità e la massima integrità nel nostro lavoro giornalistico. Ci impegniamo a mantenere alti standard etici e professionali, evitando qualsiasi conflitto di interesse che possa compromettere la nostra indipendenza e la nostra imparzialità.Il nostro obiettivo è quello di fornire ai nostri lettori notizie e informazioni affidabili su una vasta gamma di argomenti, dalle notizie di attualità ai reportage approfonditi, dalle recensioni ai commenti e alle opinioni. Siamo aperti a suggerimenti e proposte dai nostri lettori, e ci impegniamo a mantenere un dialogo aperto e costruttivo con la nostra community.