Trovate a Cuma le antenate delle padelle antiaderenti

cumaIndividuate a Cuma officine di ceramiche (tra i manufatti, il prototipo delle prime teglie antiaderenti).

Padelle antiaderenti raccomandate da Apicio, ricercatissime dai ‘master chef’ dell’età romana. Tanto da pretendere per i loro stufati solo le teglie con il fondo rosso, dette “cumanae testae”, provenienti dalle rinomate officine di Cuma.

Lunedì 8 febbraio alle ore 9.15 presso la sede dell’Orientale di palazzo du Mesnil (via Chiatamone 62), si terrà un convegno sulle nuove scoperte archeologiche a Cuma portate avanti dagli studiosi dell’Orientale, in particolare da un gruppo di ricercatori, coordinato da Marco Giglio, assegnista di ricerca in Archeologia classica, che vede il coinvolgimento anche di Stefano Iavarone e Giovanni Borriello, entrambi dottorandi in archeologia.

Principale novità è il ritrovamento di reperti, nell’area a ridosso dello stadio e della porta settentrionale della città, che dimostrano la presenza di officine produttive di ceramica a Cuma. Officine attive per tre secoli, almeno fino al II secolo dopo Cristo. I reperti ritrovati, circa ottantamila, testimoniano una fase dell’intensa attività produttiva di età augustea.

 

In particolare si sono avute le prove della produzione di ceramica a vernice rossa interna, le «cumanae testae» note dalle fonti antiche, una sorta di teglie con fondo antiaderente, ottenuto grazie a un particolare rivestimento interno utile a creare una superfice spessa e liscia che evitava ai cibi cucinati di attaccarsi al fondo delle padelle. Queste erano utilizzate per la cottura a fuoco lento di determinati alimenti, soprattutto a base di carne. Sono le antesignane delle moderne pentole antiaderenti.

Le ceramiche cumane, in particolare quelle verniciate, grazie alla qualità dei materiali, si diffusero in tutto il bacino del Mediterraneo, dalla Spagna al nord Africa, arrivando anche in Francia e Germania settentrionale.

Le attività di scavo archeologico dell’Orientale nell’area di Cuma sono in corso da molti anni e in molti settori della città e solo il 10% del territorio delle fabbriche è stato scavato.

 

Anna Di Nola

 

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