Castagne: la verità sul fallimento di un’economia

 

castagne_gvLe castagne italiane quest’anno sono poche, e le poche che ci sono fanno anche parecchio schifo. L’espressione che  potrebbe sembrare forzata o troppo colorita descrive, purtroppo, la reale situazione della produzione castanicola in Italia. Coldiretti ha prospettato per il 2016 un autunno “senza castagne” con tagli del raccolto fino al 90%. I frutti venduti nei market del nostro paese sono importati prevalentemente da Spagna, Portogallo e Turchia.

Se la castanicoltura nazionale è quasi fallita possiamo dire, senza rischio di smentita, che a pagare il prezzo più alto è stata l’economia della Regione Campania che ha, o meglio aveva, il primato di produzione assoluto in Italia, con 28mila tonnellate di castagne di gran pregio raccolte e commercializzate ogni anno.

La verità sul perché del fallimento di questa importante economia è complessa e per arrivarci bisogna affrontare il problema da differenti prospettive interconnesse. È opinione generale che a causare la perdita di produzione sia stato il Cinipide galligeno del Castagno, piccola vespa di colore nero originaria dalla Cina segnalata per la prima volta in Italia solo nel 2002 in Piemonte, che depone uova nelle gemme della pianta provocando deformità (galle) che impediscono il corretto sviluppo di foglie e fiori e conseguente mancanza di fruttificazione.

La strategia di contrasto al Cinipide prevede l’introduzione in natura di insetti antagonisti, provenienti dallo cinipide_gvstesso areale del parassita, capaci di ridurne la densità e quindi i danni. La soluzione della lotta biologica, teoricamente efficace, non ha prodotto finora risultati soddisfacenti. Il Cinipide è assai più forte e vitale dei competitori, riesce a riprodursi senza neanche accoppiarsi (partenogenesi) ad una velocità e in quantità assai maggiori e, soprattutto, non dipende in alcun modo dell’aiuto dell’uomo. I competitori, infatti, sono rilasciati dai coltivatori o dagli addetti al servizio fitosanitario regione in limitate quantità solo nei castagneti a frutto, mentre il Cinipide si riproduce e prospera anche nei  castagneti cedui a pali e a legno. Per risolvere il problema potrebbe essere utile estendere e intensificare la lotta biologica, l’intervento tuttavia comporterebbe impegno e costi più gravosi e non sembra praticabile.

 

Detto questo, attribuire tutti i mali del Castagno al parassita venuto dalla Cina non è cosa seria. La realtà è che al netto dei danni, ingenti, prodotti dal Cinipide la filiera castanicola palesa numerose altre criticità.

Da un punto di vista fitosanitario esistono altre importanti patologie parassitarie, autoctone e non, che fiaccano l’albero come il Cancro corticale, il Mal dell’inchiostro, il Marciume bruno, il Marciume nero causati da funghi parassiti; e altre che minano i frutti come gli insetti Cedie, Scolitidi e Balanino. Recentemente poi è emersa la problematica del Marciume delle castagne, anch’essa provocata da un fungo, che rende scuri e immangiabili i pochi frutti raccolti, curati e messi in commercio. Questo ennesimo male sembra essere connesso al riscaldamento globale, il caldo favorirebbe l’insorgere incontrollato delle muffe.

Per riportare la castanicoltura Italiana all’eccellenza degli anni passati è fondamentale intervenire in fretta e in modo sistemico. Servono urgentemente innovazioni nelle tecniche colturali, il Castagno normativamente da albero forestale deve diventare anche albero fruttifero, così facendo i coltivatori possono usare prodotti fitosanitari consentiti dalla legge per altre colture. I castanicoltori dal conto loro devono inoltre curare il bosco nell’arco dell’intero anno, non solo nel periodo della raccolta, praticando potature opportune, concimazioni, innaffiature e scerbature.

Da rivedere e riorganizzare anche la filiera di raccolta e curatura dei frutti. Per ridurre le perdite provocate dal Marciume delle castagne, come rivela uno studio della ricercatrice Michelina Ruocco del Cnr-Istituto protezione sostenibile delle piante, è fondamentale non lasciare i frutti a terra per troppo tempo ma raccoglierli possibilmente in un lasso di tempo ragionevolmente breve; i trattamenti di cura infine potrebbero essere più efficaci se fatti a temperature inferiori con l’aggiunta di sostanze naturali capaci di contrastare l’insorgere delle muffe.

Ferdinando Fontanella

Twitter: @nandofnt

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