Il celebre plastico di Pompei custodito al MANN (Museo Archeologico Nazionale di Napoli) diventerà ‘interattivo’ e sarà possibile visitare virtualmente la città antica così come riemerse dagli scavi, anche quella perduta per sempre perché distrutta dal tempo, con pitture e ambienti che purtroppo oggi non esistono più.
”Il 19 maggio inaugureremo il nuovo allestimento multimediale della sala del plastico”, annuncia il direttore del Mann Paolo Giulierini che il 20 febbraio presenterà i primi risultati del progetto di digitalizzazione applicato all’imponente ricostruzione in sughero voluta da Giuseppe Fiorelli nel 1861, i cui segreti sono stati svelati grazie ai rilievi in 3d effettuati dal team di specialisti del Laboratorio di Archeologia Immersiva e Multimedia (LAIM) dell’Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
L’idea di realizzare un plastico che rappresentasse gli scavi archeologici di Pompei venne a Fiorelli e i lavori di costruzione iniziarono fin da subito, per essere poi interrotti nel 1879, ed eseguiti da Felice Padiglione, figlio di Domenico Paglione, il quale aveva già realizzato altre opere del genere, come i modelli dei templi di Paestum ed il macellum di Pozzuoli; i lavori ripresero nel 1908, quando assunse il suo aspetto definitivo. Durante il corso del XX secolo, fu spostata più volte la sede del plastico, tra Napoli e Pompei, talvolta anche diviso in più parti, soprattutto per proteggerlo da eventuali danni causati dai due conflitti mondiali, fino al 1950, quando fu definitivamente collocato all’interno del museo archeologico nazionale.
Il processo di digitalizzazione e di modellazione 3D, ha visto gli esperti al lavoro all’interno del museo. Attraverso una inedita metodologia di “macro-aerofotogrammetria” è stato possibile acquisire il dataset necessario alla fotomodellazione 3D dell’intero plastico, delle singole insulae e delle singole domus, per renderle “navigabili”.