Si è spenta la vedova nera della camorra. Ma chi era Anna Mazza?

Con Anna Mazza se ne va un elemento principale del gotha della malavita organizzata, una figura apicale

Si è spenta all’età di 80 anni in seguito ad ictus, Anna Mazza. “La vedova nera della camorra”: questo lo pseudonimo con il quale i media identificavano Anna Mazza in seguito alla morte del marito Gennaro Moccia, ras di Afragola, trucidato in un agguato dai killer dei clan rivali Magliulo e Giugliano nell’aprile del 1976.




Malata da tempo, Anna Mazza ha trascorso gli ultimi tempi ricoverata in una clinica poco distante da Afragola. Stamane alle 10,30 si terranno i funerali nella basilica di Sant’Antonio da Padova, salvo diverse disposizioni da parte delle autorità. Per comprendere meglio lo spessore criminale dei Moccia e il ruolo di Anna Mazza nell’organizzazione tracciamo un identikit di una delle famiglie più in vista della camorra.

Anna Mazza assurge a capo clan alla fine degli anni ’70 ramificando e sviluppandolo l’organizzazione in molte zone d’Italia (e non solo). Il racket è una delle prime fonti di guadagno per i Moccia, sodalizio criminale comunque attualmente attivo. Il primo figlio, Luigi Moccia, considerato il colletto bianco del clan, è stato condannato all’ergastolo nel 2004.




L’ergastolo è stato poi annullato per vizio di forma nel 2005. Nel 2011 è stato nuovamente arrestato a Roma, per violazione degli obblighi in qualità di sorvegliato speciale. Anche Vincenzo Moccia è all’ergastolo, pur avendo dimostrato in diverse occasioni di aver l’intenzione di dissociarsi. Un altro figlio, Angelo Moccia, è stato invece ucciso. Un altro ancora, tale Bruno Moccia, secondo un atto di sindacato ispettivo del senatore Battaglia risulterebbe coinvolto in alcune vicende, tra cui quella del possesso delle chiavi della villa comunale di Afragola.

A una figlia, Teresa, è stato invece arrestato il marito, Filippo Iazzetta, in seguito ad una operazione della Dia del 2010 a seguito delle indagini sulla produzione del film “Un camorrista perbene”. Un altro figlio, tale Antonio Moccia resta comunque in carcere per l’accusa di associazione camorristica, dopo essere tuttavia stato scagionato dall’accusa di mandante dell’omicidio di Mariano Bacio Terracino, omicidio divenuto tristemente celebre per la diffusione l’11 maggio 2009 ad opera della Procura antimafia di Napoli.




È stata la prima donna in Italia ad essere condannata per reati d’associazione mafiosa. Nell’agosto 1985 viene emesso un ordine di carcerazione della Procura antimafia di Napoli per associazione di stampo mafioso nei confronti di Luigi Moccia, Andrea Autiero, Michele Martellone, Raffaele Della Corte e Vincenzo Esposito, considerati il braccio armato del Boss Luigi Moccia. Secondo recenti ricostruzioni, il clan Moccia avrebbe avuto l’incarico da altri clan di contrastare le dichiarazioni del pentito Pasquale Galasso, che aveva fatto arrestare Luigi, uno dei tre figli del vecchio boss.

Si è spenta una donna carismatica della camorra, un capo senza paura temuto e rispettato dagli affiliati e dall’esercito di fiancheggiatori che da decenni orbita intorno al potente clan di Afragola. Con Anna Mazza se ne va un elemento principale del gotha della malavita organizzata, una figura apicale di un cancro sociale che continua inesorabile a sporcare di sangue le strade di Napoli e dell’hinterland.

Alfonso Maria Liguori

Donazione sostieni il Gazzettino Vesuviano
Condividi
PrecedenteConferenza Stampa Fiera del Libro di Napoli. Ricomincio dai Libri
SuccessivoCorruzione all’università, tra gli arrestati anche un napoletano. Ecco cosa ne pensano gli studenti
Pubblicista, con formazione scolastica classica e frequenza universitaria presso l'Ateneo Federico II di Napoli (corso di Laurea in Filosofia). Dal 2003 "Aml" è nato, giornalisticamente parlando, con il settimanale diocesano della Curia di Napoli "Nuova Stagione". Successivamente collabora con Cronache di Napoli, con Metropolis, con Napoli Più, svolgendo nel contempo attività di pubbliche relazioni e portavoce di politici. Impegnato nel sociale nel 2003 ha preso parte ad un progetto sociale per il recupero di minori a rischio promosso dall'associazione onlus "Figli in Famiglia" in collaborazione con il Tribunale per i Minori di Napoli. Ha curato eventi di solidarietà per associazioni onlus in favore di noti ospedali partenopei in collaborazione con l'Ubi Banca Popolare di Ancora. Ha diretto la trasmissione televisiva "Riflettori su Ercolano" (a sfondo sociale) per Tele Torre. Profondo conoscitore della strada e dei complessi meccanismi sociali che caratterizzano le problematiche di Napoli e della sua provincia, da anni collabora attivamente con il Gazzettino vesuviano.