Le facce di una tragedia (quasi) sfiorata

L'ondata di maltempo che ha colpito Gragnano e il territorio limitrofo in settimana ha prodotto danni ingenti. Colate di detriti e fango hanno ricoperto in più punti la città, provocando disagi e tanta paura tra la gente.

Spaventose colate di fango. Alberi sradicati, muri divelti. Porzioni di terreno crollate. Inondazioni, macchine sepolte da metri di acqua sporca e detriti. Disagi, paura.

Tutte queste cose ha prodotto, ancora, il maltempo a Gragnano.

È bene dire subito una cosa: ci è andata di lusso.

Perché l’ondata di maltempo che ha investito il nostro territorio in questa settimana avrebbe potuto avere un bilancio completamente diverso: feriti, morti.

Inutile nasconderlo.

Così come è bene sottolineare che se il costo in vite umane non c’è stato lo si deve imputare solo al caso, alla fortuna (sic!).

Infatti è solo alla dea bendata o ad uno strano, irrazionale, fatalismo – da chiamare in causa ogni qualvolta si verificano pioggia o condizioni climatiche avverse – che possiamo fare affidamento.

Perché il territorio nel quale viviamo, spolpato vivo da decenni di abusivismo, incuria e negligenze, trova la sua unica difesa nella sorte. O, se volete, nella Divina Provvidenza. Una mano invisibile alla quale chiedere di intervenire.

«Il resto dov’è?», mi direte voi. Ovvero la prevenzione, il rispetto per l’ambiente, gli interventi volti a sanare i dissesti idrogeologici ecc. ecc.?

La risposta da dare è semplice: il resto non esiste.

Nelle ore seguite all’ondata di maltempo sono state tante le facce che hanno visitato i miei pensieri.

Quella del cittadino comune che per anni ha costruito in modo abusivo non rispettando né i vincoli imposti dalla legge né quelli dalla natura. «La casa è un diritto, lo sto facendo per i miei figli!», è la giustificazione che si è sentita spesso. Poco importa poi se quelle case sono diventate, nel frattempo, ville o interi complessi residenziali. I figli da sistemare erano parecchi, evidentemente.

Mi parlano le facce dei politici, troppe per ricordarne la fisionomia precisa, che da anni parlano e ci parlano di «interventi tempestivi per la messa in sicurezza del territorio» oppure annunciano e ci annunciano che «stiamo sanando le ferite di una realtà a forte rischio idrogeologico».

Mi parlano le facce, tante, eppure senza nome, dei piromani che da decenni (non da quest’estate, si badi bene), stanno razziando, incendiando e depredando il territorio di ogni cosa. E non dicono nulla, perché nulla hanno da dire, queste facce. In fondo, a loro, dei dissesti, delle frane e degli smottamenti non interessa nulla. Interessa il profitto, e questo tanto basta.

In mezzo a questo coro di facce non so più quale reazione sia più utile o adatta. Se di sconforto, di rabbia o rassegnazione. O più semplicemente di vergogna. Ineluttabile e strisciante.

Vergogna.

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