Mamme, favole e la tragicommedia della modernità

L'ultima opera di Annibale Ruccello sarà portata in scena domenica 30 settembre dalla compagnia dell'attrice stabiese Giulia Conte nella cornice del Secret Garden di via Nocera. Un viaggio complesso nel mondo delle mamme. Tra allegorie, favole e storie aperte sulla finestra del nostro tempo.

Il testamento involontario. Così è stato da più parti definito «Mamma: piccole tragedie minimali», il testo teatrale pubblicato ad appena tre mesi dalla scomparsa del drammaturgo stabiese Annibale Ruccello, avvenuta in un incidente stradale sulla Napoli-Roma nel 1986. Un’opera di una modernità sconcertante che entra in gamba tesa su alcune delle tematiche più pressanti del nostro tempo. Il presenzialismo mediatico, la dipendenza e l’omologazione culturale azionata dalle tecnologie, lo strapotere e l’invadenza della televisione, capace di «telecomandare» pensieri, opinioni e azioni della società moderna.

Eppure questa «full immersion» nei mali del secolo è affidata nel testo del Ruccello allo strumento che più antimoderno non si potrebbe: quello della favola. La favola intesa come un rito atavico, tranquillo, rassicurante. La favola da intendersi anche come canale educativo, rivelatore di realtà nuove e di nuovi insegnamenti.

Nel mondo delle favole i «piccerilli» ascolteranno «Catarinella e il principe serpente», «Miezu culillo» e «Il re dei Piriti» le cui protagoniste sono figlie di Mamme che, in certo qual modo ci portano direttamente alle Mamme dei tre monologhi successivi: Maria di Carmelo, la follia che si identifica nella mamma per antonomasia, la Madonna, il racconto tragicomico, pur intervallato da sprazzi di amara lucidità, di come la pazzia sia diventata l’unica compagna fedele di questa donna; ‘Mal di denti’, monologo tratto da un’altra opera di Ruccello, “Notturno di donna con ospiti”, lo scontro tra una mamma frustrata e vogliosa di riscatto che mostra la grottesca cattiveria derivante dalla constatazione del fallimento di questo riscatto e una figlia che non ne regge il peso; ‘La telefonata’, il pezzo apparentemente più comico, ma forse quello più amaro, che mostra come possa passare per ‘normalità’ condivisa ed approvata la superficialità di una Mamma che sembra sfornare figli solo per il gusto di appioppar loro i nomi dell’ultima star televisiva o calcistica.

Quelle che sembrano, e lo sono, tematiche comuni a confini ben più allargati di quelli partenopei, assorbono ricchezza e molteplicità di intenti proprio dall’esser costrette in questi confini, dal più semplice e comune connubio tra sacro e profano, caratteristica onnipresente della napoletanità di ieri e di oggi, alla più sottile vena tragicomica che permette al partenopeo di affrontare qualsivoglia evento tragico e luttuoso con una particolare, e non sempre comprensibile, filosofia da araba fenice.

In questo intreccio tra favola e modernità, tra allegoria e racconto si cala il progetto coraggioso di Giulia Conte, attrice stabiese di esperienza trentennale e reduce dai successi riportati dal monologo “Signorì”, che domenica 30 settembre, nella cornice del Secret Garden di via Nocera a Castellammare, metterà in scena quest’opera di Ruccello tra le meno note, valendosi di una compagnia di semi-professionisti.
«Il nostro» ha spiegato Giulia Conte «è un omaggio alle mamme, in una società che spesso ne influenza le scelte e ne modifica il ruolo. Un fantastico viaggio nel tempo, tra ironia ed amarezza».

Angelo Mascolo

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