Il Comune di Napoli cerca di arginare il fenomeno dell’affitto turistico a nero di case vacanza e B&B istituendo, con una delibera di giunta, un albo per le strutture ricettive extra-alberghiere virtuose. Una volta che la delibera sarà in vigore si potrà intercettare sulle piattaforme
digitali le strutture che si muovono nel ‘sommerso’ ed anche, in estrema ratio, citare per danni i siti che ospitano unità ricettive senza requisiti. L’albo è rivolto alle strutture turistiche che saranno ‘certificate’ dall’amministrazione attraverso un CIC (codice di identificazione comunale). L’adesione alla codificazione è su base volontaria. “Il Cic – spiega il vicesindaco Enrico Panini – va a colmare un vuoto legislativo in assenza di interventi da parte dello Stato e della Regione con lo scopo di regolamentare un fenomeno oramai esploso. Siamo la prima città d’Italia a dotarci di questo strumento”.
All’iniziativa del comune rispondono gli aderenti alla rete SET Napoli – I diritti al tempo del turismo, che bollano come timida ed inefficace la politica dell’ente per arginare il fenomeno della turistificazione in città.
“L’amministrazione comunale di Napoli ha annunciato l’approvazione di una delibera in cui si introduce un codice identificativo (CIC) su base “volontaria” per chi fa attività ricettiva extra alberghiera (b&b, case vacanza e locazioni brevi). Sicuramente questo tipo di riflessioni sono state ispirate anche dalle mobilitazioni sociali, come la Marcia contro la speculazione turistica, la bolla degli affitti e gli sfratti del 6 aprile scorso. Ma proprio l’accresciuta sensibilità e il dibattito internazionale sul tema ci dicono che oggi per governare l’industria turistica, contenendone gli effetti socialmente più nefasti, è necessario mettere in campo una serie di politiche integrate.
Viceversa, a nostro avviso il CIC è uno strumento inadeguato e inefficace. Per quale motivo una struttura ricettiva dovrebbe richiedere di propria sponte l’inserimento nel neo-nato Albo? Per quale motivo, vista la totale assenza di concrete e consistenti premialità o di sanzioni, una struttura dovrebbe desiderare l’inserimento nel suddetto Albo e rischiare che il Comune avanzi “pretese risarcitorie a danno dell’immagine dell’Ente”?
E i visitatori di passaggio, catapultati in città dalle tratte low cost dell’ampliato (oltre che privatizzato) aeroporto di Capodichino, per quale ragione dovrebbero consultare l’Albo Comunale in italiano per scegliere un pernottamento certificato dal Sindaco?
Nel presentare la delibera l’amministrazione ha dichiarato di considerare la stessa uno strumento per mappare il fenomeno e contrastare le attività extra alberghiere “abusive”, specificando che serve un sistema di norme più ampio per governare il fenomeno e che approntarlo competerebbe interamente ad altri ambiti della legislazione concorrente (Regione e Parlamento).
Non vogliamo entrare qui nella discussione su quali siano le competenze dei diversi enti, ed è chiaro che pesa la colpevole assenza della Regione Campania e del Parlamento rispetto alla costruzione di una normativa adeguata. Ma la nostra
convinzione è che le competenze del Comune permettessero una delibera più coraggiosa. Lo stesso CIC, che doveva servire a mappare il fenomeno per poter in seguito intervenire, è inefficace e inutile se viene meno la sua obbligatorietà, ed è soltanto uno strumento di autopromozione commerciale. Inoltre il citato campo della “sharing economy” (che di fatto non esiste), per quanto riguarda la materia turistica in questione, coincide in tutto e per tutto con il campo delle locazioni brevi e non è cosa a sé stante: rispetto a questo l’introduzione del CIC non produce alcuna differenza; resta invariato il prevalere degli interessi di pochi contro i diritti sociali di molti.
Se vogliamo davvero garantire il futuro della città rispetto al rischio di uno spopolamento dei quartieri storici, urge da un lato uno studio preliminare, dall’altro la creazione di un tavolo inter-istituzionale che affronti il problema con tutti gli strumenti necessari. Una sola cosa è evidente: servirà ancora maggiore mobilitazione sociale per ottenere il raggiungimento di questi obiettivi”.
E.I.