Alla fine, dopo mesi di attese, speranze, illusioni, lo sgombero coatto della Casa Borrelli è avvenuto. Alle 6.30 di questa mattina polizia, carabinieri, vigili del fuoco hanno preso possesso della struttura. L’ordinanza del Comune di Pompei che imponeva agli ospiti, una trentina di anziani, di lasciare libera la casa-alloggio era stata emessa un paio di mesi fa. Ma l’epilogo triste c’è stato solo oggi.

Smistati alla chetichella i residenti, anche grazie all’ausilio di ambulanze: alcuni tornati alle loro famiglie, altri allocati presso Punta Paradiso, altro luogo di accoglienza sito in via Roma prima gestito dalla Chiesa ora dato dalla stessa in gestione ad una cooperativa. Fuori dai cancelli operatori della struttura, ormai senza lavoro, familiari, qualche solidale. Dopo lo svuotamento la struttura sarà chiusa.

Ma quale futuro l’attende? Per comprendere è doveroso fare un passo indietro: questo immobile è stato donato alla città da un privato per farne esclusivamente luogo di accoglienza per poveri e meno abbienti. Gli anziani per di più pagavano una retta mensile per l’ospitalità ed il ricovero. Ora non è chiaro se quest’area continuerà a vivere per ciò che era stata destinata. Molti sono gli interrogativi, i dubbi. Ma procediamo con ordine.

L’ordinanza di sgombero emessa dall’Ente era suffragata da motivazione di carattere tecnico: l’immobile sito in via Lepanto non ha i requisiti antisismici nè le condizioni di sicurezza minime per garantirne l’agibilità. Si fa quindi assoluto divieto di accedere alla struttura fino a quando non saranno eseguiti i lavori di consolidamento e ristrutturazione.

Ma, tra chi contesta questa presa di posizione dell’amministrazione, alla base della scelta di ‘liberare’ tale spazio ci sono altre ragioni. Pure perchè le motivazioni legate ai problemi strutturali del fabbricato potrebbero essere riproposte pari pari per altri edifici pubblici a cominciare dall’asilo che si trova alle spalle della Casa Borrelli e che – a dire dei presenti arrabbiati – possiede le stesse criticità edilizie ma non per questo è stato fatto sgomberare.

Le ragioni di fondo conducono dritti spediti al contestatissimo progetto Eav: l’eliminazione dei passaggi a livello della città e la pianificazione ex-novo di tutta l’area che da via Nolana arriva fino a via Crapolla e via Fucci, ridisegnando integralmente la zona a nord del Santuario fino proprio a Casa Borrelli con sottopassi per auto e pedoni, parcheggi e via elencando. Proprio sull’area della casa ricovero per poveri e meno abbienti il progetto indica delle trasformazioni: demolizione della vecchia cappella e costruzione di una nuova congrega, su territorio ecclesiale, a pochi metri di distanza.

In sostanza, per chi ha contestato l’operazione di sgombero, l’azione di oggi è strettamente legata all’attuazione del piano Eav – progetto presente nella lista degli interventi finanziati da governo e regione per ‘costruire’ una Buffer Zone vesuviana che prevede costi per un ammontare di 2 miliardi di euro -. L’opera specifica invece ha un finanziamento di poco più di 60 milioni di euro. Per questo pezzo di territorio di un Sud depresso questa cifra rappresenta una montagna di soldi. A queste latitudini tanti quattrini non si vedevano, forse, dal tempo del terremoto dell’ottanta. E, se è vero che sul territorio italico ogni grande opera è fucina di interessi e speculazioni, forse i critici non hanno tanto torto a far la voce grossa ed alimentare perplessità e dubbi sull’operazione in corso.

Da questo conflitto – molto parlato e poco agito – emergono pezzi di verità che non sono  ancora riassumibili in un’unica ed omnicomprensiva narrazione. Per mettere insieme i pezzi e poter descrivere un quadro più generale bisognerà stare, da oggi in poi, con i riflettori ben puntati su tutti gli interventi che saranno messi in essere e per la Casa Borrelli ed il suo recupero strutturale e di funzione, ma anche per il progetto Eav ed i suoi genitori Buffer Zone e Grande Progetto Pompei.

Solo seguendo da vicino ciò che produrrà questa enorme e visionaria opera di trasformazione urbanistica, che ha la velleità di ‘rigenerare’ economicamente e socialmente tutto il territorio che dal Vesuvio arriva fino ai lidi di Torre Annunziata e Castellammare, si potranno tirare le somme e capire se gli interventi – quelli che si faranno – saranno stati utili a migliorare la qualità della vita degli abitanti-residenti oppure saranno l’ennesimo ‘furto’ di spazi e di luoghi effettuato con destrezza dai soliti affaristi.

E.I.

 

 

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