Con grande sofferenza ricordo che un giornale tedesco, se non sbaglio una decina di anni fa, consigliava di non continuare a “scavare” a Pompei. Di bellezze ne erano affiorate già tante. Certo, continuando a cercare significava portare alla luce altre incredibili storie, vicende, incanti unici al mondo. Ma voleva dire anche mettere a nudo, completamente senza alcuna protezione, un “un universo che fu”, a dir poco stupendo, che correva il rischio però di “sfarinarsi” per l’incuria con cui gli scavi di Pompei erano tenuti. Insomma, per il giornale tedesco, meglio sotterrare tutto per proteggere quel ben di Dio: esclusivo patrimonio dell’umanità tutta.
Come spesso capita dopo un’arrabbiatura, segue la riflessione, il ragionamento.
La prima volta che ho messo piede sui selciati pompeani avevo più o meno dieci, undici anni. Mi ci portò mio nonno Oreste a cui debbo la conoscenza di tante realtà che molti miei coetanei non hanno mai visitato, nemmeno da adulti. Ricordo allora, parliamo di circa sessant’anni fa, che nel percorrere quei luoghi ero attratto più dai tanti cani randagi che affollavano la città, che non dall’incredibile panorama che mi circondava. C’erano piante parassite che spuntavano da tutte le parti ed abbracciavano, si fa per dire, tutti i ruderi possibili. Un “verde” segno di vita che si trasformava in una trappola mortale per quelle vestigie che esistevano da duemila anni. M’incuriosivano i tanti “falli” collocati sulle strade che erano vere e proprie indicazioni per raggiungere i “bordelli” che esistevano allora a Pompei. Penso di aver chiesto a mio nonno di cosa si trattasse e certamente avrò avuto per risposta «indicazioni stradali», senza ulteriori dettagli.
Dopo 40 anni è stata riaperta la Casa degli Amanti che era chiusa, perché danneggiata, dal terremoto del 1980. Si apre su una traversa della via Stabiana. E’ ricca di affreschi e decorazioni. Si tratta di un gioiello unico del sito archeologico. E’ il solo, infatti, di cui si sia conservato il secondo piano. La casa degli Amanti era stata portata alla luce nel 1933.
Riaperta anche la Casa della Nave Europa, che prende il nome da un grande graffito inciso su una delle sue pareti e la Casa del Frutteto, con i suoi fantasmagorici cubicoli floreali e uno dei più importanti esempi di pittura di giardino rinvenuti a Pompei.
Per il ministro dei Beni e delle attività culturali, Dario Franceschini, che nei giorni scorsi ha visitato Pompei, si è conclusa la messa in sicurezza degli scavi «…prevista dal Grande Progetto Pompei, ma qui i lavori non finiranno mai. Lo Stato continuerà a stare vicino al sito Patrimonio dell’umanità con risorse, personale, sostegno» – dice il ministro, illustrando col direttore Massimo Osanna lo stato dei lavori avviati nel 2014 con 105 milioni di euro 75 dei quali stanziati dalla Ue.
Sperimo che il percorso annunciato da Franceschini non si arresti. Pompei ha bisogno non di parole ma di fatti.
Elia Fiorillo