La nostra nazione si posiziona come uno dei peggiori paesi nel fronteggiare l’epidemia e l’emergenza sanitaria, é il settimanale britannico The Economist a dirlo.
L’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), nel suo rapporto (EIU) ha analizzato le risposte alla crisi sanitaria di 21 dei 37 paesi membri.
L’Italia si classifica, appunto tra i 21 paesi dell’OCSE, insieme a Spagna e Regno Unito, con un punteggio uguale a 2,22, seguiti solo dal Belgio (che é ultimo con 2,11).
Anche se é vero che l’Italia e la Spagna sono state tra le prime in Europa ad essere investite dall’epidemia, questo non toglie il fatto che non hanno saputo gestire i casi come gli altri stati più virtuosi.
Il primo paese per capacità di gestione dell’emergenza è la Nuova Zelanda, a quota 3,67, che finisce davanti ad Austria e Germania (con punteggio 3,56), seguite da Islanda, Norvegia, Danimarca e Israele (con 3,44 punti).
“Questa è un’impresa particolarmente impressionante, dato che nella maggior parte di questi paesi le persone oltre i 65 anni rappresentano una quota significativa della popolazione, rendendoli vulnerabili alle gravi infezioni da coronavirus. Complessivamente, questi paesi sembrano essere riusciti a contenere la pandemia perché hanno reagito in modo rapido. Non tutti hanno introdotto rigorosi blocchi, ma tutti hanno implementato programmi di analisi e tracciamento aggressivi”, affermano gli economisti.
La classifica OCSE vede inoltre, continuando a scorrere, Portogallo, Francia, Cile e Stati Uniti, seguiti da Giappone, Olanda, Corea del Sud, Svezia e Svizzera.
Risposta ottima:
- Nuova Zelanda 3,67
- Germania 3,56
- Austria 3,55
- Australia 3,44
- Danimarca 3,44
- Norvegia 3,44
- Islanda 3,44
- Israele 3,44
Risposta buona:
- Portogallo 3,22
- Cile 3,11
- Francia 3,11
- Stati Uniti 3,11
Risposta giusta:
- Giappone 2,89
- Svizzera 2,89
- Sud Corea 2,78
- Svezia 2,56
- Olanda 2,44
Risposta scarsa:
- Regno Unito 2,22
- Spagna 2,22
- Italia 2,22
- Belgio 2,11.
Il punteggio era assegnato da 1 a 4 ed era finalizzato alla valutazione di 3 fattori di rischio: obesità della popolazione, percentuale della popolazione di età superiore ai 65 anni, arrivi internazionali in aeroporti e altri luoghi di scalo. Gli indicatori della “qualità della risposta” invece erano: i test, la fornitura di assistenza sanitaria, il tasso di mortalità.
Andrea Ippolito