In questi giorni, a Napoli, continua a diffondersi la scia di contestazioni dovute alla complicata gestione dell’emergenza Covid da parte della politica.

Ieri, l’ennesimo presidio alla sede della Regione Campania, ha visto a rappresentare i cittadini campani, alcuni esponenti di movimenti politici e sociali che, dalle 15:30 del pomeriggio hanno presenziato all’evento organizzato dall’Unione Sindacale di Base.

Gli elementi di protesta hanno seguito la linea guida delle precedenti mobilitazioni, e a presentarle a microfono aperto sono stati alcuni portavoce del sindacato.


Uno spazio particolarmente ampio è stato inevitabilmente dedicato alla crisi sanitaria, e alla conseguente denuncia del collasso delle strutture sanitarie che, in questo periodo di forte emergenza, si sono dimostrate inadeguate e profondamente indebolite dai vari processi di privatizzazione e di smantellamento a cui sono state sottoposte negli ultimi anni.

Un sistema, quello sanitario, sicuramente non agevolato dai servizi di trasporto pubblico che favoriscono l’esposizione al virus e, quindi, al contagio di massa.

“C’è sembrato giusto, come Unione Sindacale di Base, provare a rappresentare le preoccupazioni che i nostri iscritti e i nostri delegati vivono nel settore del trasporto, che è il settore in cui il contagio viaggia più velocemente; anche la ridicola soglia dell’80% di capienza, è una soglia che di per sé non copre il rischio, e che non viene neanche rispettata. Il trasporto pubblico, come la scuola e la sanità, sono stati distrutti in questi anni”.




Negli ultimi giorni, la nostra regione sta reagendo alla minaccia di un secondo lockdown in modo deciso e appassionato, innescando fra i cittadini sia critiche che comprensione.

“Quello che sta succedendo in Campania è qualcosa di anomalo e di unico, qualcosa che costringe in strada anche chi non avrebbe mai pensato di affrontare una mobilitazione come quella verificatasi in questi giorni”. Uno stato di agitazione a cui molti hanno preso parte perchè senza alternativa.

Una delle tante conseguenze delle restrizioni adottate in questo periodo di pandemia, infatti, è stata quella di impoverire ulteriormente la classe povera, penalizzando delle categorie lavorative già prive di sicurezze economiche.

“Da una parte la scelta di morire per il virus, dall’altra la scelta di morire senza soldi e senza possibilità di campare. Noi dobbiamo combattere come movimento sindacale, la salute e l’economia non possono andare una contro l’altra. Il diritto alla salute è importante almeno quanto il sostegno economico dovuto a chi subisce ogni giorno il peso di questa situazione”.

Fra i più penalizzati, si trovano sicuramente i lavoratori “a nero” e tutti quelli che già normalmente fanno fatica ad integrarsi, come spiega Kadir Monaco di Movimento Migranti e Rifugiati di Napoli.

“Dobbiamo tutelare la salute delle persone più deboli della nostra società. Dobbiamo mostrare solidarietà a tutti i commercianti che stanno vivendo un periodo difficile, ma non a coloro che hanno sfruttato i ragazzi dei nostri quartieri e la componente migrante”.


Una divisione sociale che sembra essersi aggravato proprio nel periodo del lockdown.

“E’ un problema – hanno sottolineato in uno degli interventi – se i milionari di questo Paese aumentano la loro ricchezza del 31% durante una crisi emergenziale, mentre secondo i dati del 2019, ci sono 5 milioni di persone in povertà assoluta e 9 milioni in povertà relativa; è un problema che l’opinione pubblica, dinanzi a delle proteste in cui la gente chiedeva dignità, salute e reddito, si sia indignata per una vetrina rotta di una multinazionale che ha generato 3 miliardi durante l’emergenza. Diamo voce a chi sta davvero pagando lo scotto di questa crisi”.

E’ sicuramente il caso dei lavoratori e delle lavoratrici dello spettacolo, una delle categorie più danneggiate dalle restrizioni presenti nei vari Dpcm, che proprio venerdì mattina si sono riuniti in un presidio a Piazza del Gesù.

In Italia, sono 2 milioni gli animatori turistici occupati in condizioni “da fame”.

“Non ci saremmo mai aspettati di dover affrontare un momento come questo. Il nostro settore non è chiuso da qualche settimana, ma dal 27 febbraio.  E’ da otto mesi che gli intrattenitori campani, e non solo, non ricevono un soldo, un solo euro di guadagno. Siamo un settore che molto spesso è dimenticato”.

“I redditi sono veramente ridicoli. Non abbiamo un contratto collettivo di lavoro, e a nessuno interessa, eppure siamo uno dei motori portanti dell’intrattenimento italiano”.



Una Piazza del Gesù ghermita da tutto il comparto dell’intrattenimento e del turismo e tutti uniti hanno gridato: “Stiamo girando tutte le piazze. Ci saranno gli intrattenitori, gli artisti, i clown, ma non i pagliacci: i pagliacci stanno solo sulle poltrone del Governo!

Un attacco duro e coeso che non risparmia il Presidente della Regione: “Uno dei grandi responsabili del disastro che stiamo vivendo, è sicuramente il presidente De Luca, colpevole di aver soffiato sul fuoco del disagio in una regione che per 8 mesi ha rispettato le disposizioni in materia sanitaria, adeguandosi e credendo che il governatore avrebbe potuto traghettarli verso una sicurezza che non c’è stata!”

I sindacati rincarano così la dose e concludono: Conte non può permettersi di dire che non ci sono le risorse per risollevare le sorti dei più colpiti. Le risorse le prendesse da chi si è arricchito in questi mesi: i centri commerciali e le grandi multinazionali, i soldi li hanno fatti. Non siamo più tutti sulla stessa barca!”

Evira La Rocca



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