“Purtroppo dovrò ancora rimanere a casa e non potrò svolgere per il momento la mia professione medica”. Ad annunciarlo via social è Giuseppe De Martino, il cardiologo di Pagani arrestato a luglio per concorso in falso ideologico e materiale, violenza privata e violenza o minaccia per costringere a commettere un reato.

Il tribunale del Riesame ha rigettato la sua richiesta di revoca della misura restrittiva e quindi niente libertà, resterà ristretto nella sua casa.

“Io ho fornito ogni informazione in mio possesso – ha scritto De Martino – per dimostrare la mia innocenza e sono sereno sulla correttezza del mio operato. Il riesame si è riservato 45 giorni per comunicare le motivazioni della propria decisione. Non comprendo in alcun modo il perchè dei domiciliari ma non posso che subirli con dignità e pazienza, continuando a sperare che le indagini in corso mi restituiscano la verità che merito”.

Infine il medico salernitano chiude ringraziando “tutti voi che mi siete stati e mi siete costantemente vicini! Un forte ringraziamento ai miei avvocati Alfonso Mutarelli e Carlo De Martino, per il loro lavoro straordinario di ricostruzione della verità, nonostante i pochissimi giorni avuti a disposizione”.

Era il 22 luglio quando i carabinieri arrestarono il noto cardiologo. Tra le contestazioni formulate nei confronti dei medico c’era quella di violenza e minacce, relativa alle “pressioni” esercitate nei confronti di alcuni suoi collaboratori che erano rifiutati di praticare l’anestesia in alcune occasioni e soprattutto in assenza di un anestesista. De Martino, inoltre, risultava presente in sala operatoria mentre era in montagna a sciare. Dagli accertamenti eseguiti dai carabinieri del Nucleo Antisofisticazione e Sanità è emerso che in quattro giorni, tra il 25 e il 28 febbraio 2020, aveva eseguito ben 32 interventi chirurgici di routine, sebbene fosse in vacanza a Madonna di Campiglio.

A denunciare le anomalie nello svolgimento delle sue mansioni, era stata proprio la dirigenza della clinica Mediterranea di Napoli, presso la quale De Martino era in servizio.

Le accuse forse più gravi a carico dell’elettrofisiologo, responsabile dei centri di Aritmologia della Mediterranea e di varie cliniche tra Campania e Puglia, riguardano però le modalità e la tipologia di interventi che il medico svolgeva.

Per il trattamento delle aritmie, ad esempio, privilegiava effettuare interventi di “ablazione ibrida” anziché di “ablazione semplice”, in questo modo i costi dell’intervento lievitavano notevolmente, con più rischi per i pazienti, e soprattutto con indispensabile impiego di uno staff e di strutture ben più ampie di quelle che avrebbe utilizzato il medico indagato. I costi tra l’ablazione semplice a quella ibrida passavano dai quasi 4mila del primo caso a quattro volte tanto, 16mila euro, nel secondo caso.

Secondo l’accusa il medico aveva anche preteso e ottenuto che la Clinica acquistasse gli strumenti utilizzati per le operazioni da una società di intermediazione di proprietà della moglie. In poco tempo la Mediterranea, che comunque risulta estranea alle indagini, ha versato sul conto di questa società circa 6 milioni di euro.

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