“Nel 2022 in Italia toccato il minimo delle nascite, meno di 7 neonati e più di 12 decessi per 1.000 abitanti”, a dirlo è l’ISTAT, nel suo report del 7 aprile.
L’Istituto Nazionale di Statistica italiano, attraverso la sua Direttrice centrale Sabrina Prati, in occasione dell’ultimo Convegno di Farmindustria dal titolo “Per una primavera demografica. Quali politiche per la natalità“, ha presentato i dati ISTAT sulla natalità.
Il calo della popolazione – scrive l’Istituto – “è frutto di una dinamica demografica sfavorevole che vede un eccesso dei decessi sulle nascite“. Si legge inoltre che questo eccesso di decessi sulle nascite non viene compensato dai movimenti migratori con l’estero. In definitiva i decessi sono stati 713mila, mentre le nascite 393mila. Questi dati fanno quindi toccare all’Italia un nuovo minimo storico, con un totale saldo di -320mila unità.
Va detto che si era registrato un lieve aumento del numero medio di figli per donna tra il 2020 e il 2021, ma che comunque è poi ripreso il calo dell’indicatore congiunturale di fecondità, che ritorna al livello del 2020, cioè 1,24 (numero medio di figli per donna).
Scrive ancora l’ISTAT che: la diminuzione del numero medio di figli per donna riguarda sia il Nord sia il Centro Italia, dove si registrano valori rispettivamente pari a 1,26 e 1,16 (nel 2021 erano pari a 1,28 e 1,19). Nel Mezzogiorno si registra un lieve aumento, con il numero medio di figli per donna che si attesta a 1,26 (era 1,25 nell’anno precedente). L’età media al parto è leggermente superiore nel Nord e nel Centro (32,6 e 32,9) rispetto al Mezzogiorno (32,1).
Nel 2021 il numero medio di figli per donna, nel totale, è stato di 1,25: 1,18 per le italiane e 1,87 per le straniere. Da ricordare che nel 2008 era 1,44: di cui 1,33 per le italiane e 2,53 per le straniere. L’età media al parto nel 2021 era di 32,4 anni: 32,8 anni per le italiane e 29,7 anni per le straniere. Da ricordare che nel 2008 era di 31 anni (31,6 anni per le italiane e 27,5 anni per le straniere).
Spiega il report sugli indicatori demografici che la diminuzione delle nascite nel nostro Paese è dovuta però solo in parte alla spontanea o indotta rinuncia ad avere figli da parte delle coppie, hanno infatti un peso notevole sia il calo dimensionale quanto il progressivo invecchiamento della popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive (dai 15 ai 49 anni).
Il declino demografico in Italia
La popolazione residente in Italia, registrata al 1° gennaio 2023, è di 58 milioni
e 851mila unità, si tratta di 179mila persone in meno rispetto all’anno precedente (una riduzione pari al 3%).
Il declino demografico è dovuto alla continua diminuzione delle nascite e all’aumento dei decessi. Già dal 2007 la mortalità supera la natalità. La diminuzione della popolazione segue un’intensità minore rispetto al 2021 (con un -3,5%), ma anche rispetto all’anno 2020 (con un -6,7‰). Negli anni 2020 e 2021 gli effetti della pandemia avevano accelerato un processo iniziato già nel 2014.
Nel frattempo in Italia, al 1° gennaio 2022, abbiamo 188 anziani ogni 100 giovani. Se vogliamo confrontare questo dato con il 1951 possiamo affermare che in quell’anno gli anziani erano 31 ogni 100 giovani.
Tra i tanti argomenti presentati dal direttore centrale dell’ISTAT Sabrina Prati, al Convegno di Farmindustria, dobbiamo anche aggiungere (come anticipato nei dati sopra) il calo del numero medio dei figli per donna, oltreché l’aumentata età media alla nascita del primo figlio, questo ha portato, nel corso degli ultimi decenni, al conseguente fenomeno della contrazione dei secondi figli e ad una diminuzione drastica dei terzi figli e oltre. La diminuzione del tasso di fecondità sotto i 30 anni, ma anche il rinvio protratto nel tempo ad avere figli, che porta spesso alla rinuncia definitiva. Sono aumentate poi le donne senza figli: sono 1 su 4 per le nate nel 1980, un dato che rispecchia il doppio rispetto alla generazione del 1950, quando erano l’11,1% delle donne in età riproduttiva.
Tra le altre cause legate al declino demografico nel nostra Nazione abbiamo una correlazione con la diminuzione dei matrimoni, come la minore presenza di giovani under 25. In Francia ad esempio, dove si ha un tasso di fecondità più alto a confronto con l’Italia (due figli per donna) se ne registrano addirittura 7 milioni in più di under 25. Oltre al fatto che i giovani italiani continuano a lasciare la casa dei genitori più tardi rispetto agli altri Stati europei: gli uomini dopo i 30 anni, mentre in Francia ed in Germania a 25 anni, invece nel Nord Europa a 20 anni. Si parla poi della mancata crescita dell’occupazione per le donne tra i 25 e i 49 anni e di crescita occupazionale diminuita per le donne con figli piccoli, seppur sia aumentata in generale la partecipazione femminile al mercato del lavoro.
Andrea Ippolito