Home In Evidenza A San Martino vaje a ffa’ ‘o priore

A San Martino vaje a ffa’ ‘o priore

0
A San Martino vaje a ffa’ ‘o priore

La disturbata, l’agitazione, successe per quella guardata maliarda che la sardella sbregognata fece al guarracino che, tutto pòsema e steratiello, ieva facenno lo sbafantiello, sott’acqua, in cerca di una bella pesciolina con la quale appartarsi, al riparo di uno scoglio.

Scoppiò così, in un attimo, la prima guerra mondiale sottomarina che a memoria di pesce si ricordi. Tutto sarebbe andato liscio se quella mpechèra della patella, ovvero l’intrigante di turno, che “steva de posta”, non avesse accusato la sardella d’essere “faccia tosta, traretora, sbregognata, senza parola, male nata” perché, in meno di un amen, aveva piantato “l’Alletterato, primmo e antico nnammorato”.

Di più. La patella non paga d’aver rimproverato la poveretta, che si era un poco impupazzata e aveva fatto “n’uochio a zennariello a lo speruto ‘nnammoratiello”, si mette a fare la spiona e va a spifferare “ogne cosa” all’ex della sardella, l’Alletterato, un pesce della famiglia dei tonni.

L’Alletterato, appurato ch’era stato scornacchiato “jette a la casa e s’armaje a rrasulo / se carrecaje comme a nu mulo / de scoppette e de spingarde / povere, palle, stoppa e scarde …“. E scatenò l’inferno sottacqua: “Tu me lieve la ‘nnammorata e pigliatella sta mazziataurlò pazzo di gelosia, al guarracino, quando lo incocciò in mezzo alla piazza – tuppete e tappete a mmeliune lle deva paccare e secuzzune / schiaffe, ponie e perepesse / scoppolune, fecozze e cunesse / sceverecchiune e sicutennosse / e ll’ammaccaie ossa e pilossa”.

A difesa del malcapitato e a rinforzo dell’offeso “…pariente e amice ascettero fora / chi co mazze, cortielle e cortelle / chi co spate, spatune e spatelle / …patre, figli, mariti e mmogliere / s’azzuffavano comme a ffere / a meliune correvano a strisce / de sto partito e de chillo li pisce…”.

Tradimenti e mazzate, con contorno attivo di amici e parenti dell’offeso, come appunto nel Guarracino, oppure corna e coltellate, sono un classico della canzone, della poesia, della sceneggiata e, perché no, del vicolo e del cortile.

Ma il fatto è ben più antico. Per un paio di corna che il principe troiano Paride fece a Menelao, rapendogli la bella moglie Elena, ad esempio, successe la guerra di Troia. Con tutta l’Odissea per ritornare a casa alla quale fu costretto il povero Ulisse, re di Itaca, che solo per la resilienza, come si dice adesso, della fedelissima sposa Penelope, capace di resistere alle avances amorose dei Proci, si risparmiò pure lui un bel palco da “cervo a primavera”.

Dedicata al festeggiamento degli “sfortunati” traditi c’è pure una data, l’11 novembre. Perché poi proprio quel giorno? Perché è la festa di San Martino, “cornuto” per antonomasia in quanto, secondo la leggenda, si portava la sorella sulle spalle e quella “pure ‘e ccorne lle facette”.

Un “Elenco analitico dei cornuti”, venne pubblicato da Charles Fourier, pensatore francese del 1700, che criticò aspramente l’istituzione del matrimonio tra due sole persone. A suo parere l’istituto matrimoniale sanciva l’oppressione e lo sfruttamento della donna da parte degli uomini. Solidale con le vittime-donne, Fourier vedeva di buon occhio i loro atti di ribellione, giustificandone in tutto e per tutto il tradimento coniugale. In difesa dell’adulterio femminile pubblicò, quindi, uno sfiziosissimo librino in cui descrisse ben settantasei tipi di “cornuti”.

Tra questi “il cornuto malaticcio”; quello che “viaggia molto”; il “cornuto politico”, capace persino di allearsi con uno degli amanti della moglie pur di fregare gli avversari, e il “cornuto distratto”.

Per festeggiare degnamente la ricorrenza novembrina, poi, a Ruviano, in provincia di Caserta, qualche anno fa è nata l’Associazione Cornuti Ruvianesi. Il sodalizio pare crescere “bene” e ogni anno sarebbero numerosi gli aspiranti che si mettono in fila per ricevere battesimo e patente.

E tuttavia, va anche detto che le corna che San Martino avrebbe portato sulla fronte tutto sarebbero fuorché una disgrazia. Quell’ornamento toccato al santo non sarebbero vere “corna” perché soltanto “corne ‘e sora” e quindi, secondo il pensiero napoletano, “corna d’oro”.

Esisterebbero, difatti, ben cinque tipologie di corna. Oltre a quella già citata, la lista contempla: “le corna dei parenti” che sono “corne d’argiento”; “corna fatte da innamorati” con la caratteristica di essere “corne arraggiate”; “corna di marito” e dunque “corne sapurite”. E, tanto per chiudere in bellezza, l’adagio sottolinea che solo quelle “‘e mugliera, so’ ccorne overe”. Amen.

Carlo Avvisati

Undici novembre, San Martino: ecco perché il santo è la “Festa dei Cornuti”

Donazione sostieni il Gazzettino Vesuviano