Pompei, splendida fenice

Le nuove campagne di scavo hanno riportato alla luce e reso accessibili ai visitatori testimonianze sorprendenti di una città che continua a raccontarsi

Pompei riemerge ogni giorno dalla coltre di lapilli e ceneri fuoriusciti dal “formidabile monte sterminatore”, come Leopardi definì il Vesuvio, e, dalla fine di maggio, si mostra al pubblico da una prospettiva diversa, che consente di assistere al lavoro di archeologi, restauratori e ricercatori all’interno del Parco archeologico.

Nell’Insula dei Casti Amanti, inserita nel quartiere centrale dell’antica città di Pompei, lungo la Via dell’Abbondanza, è stata, infatti, installata una struttura di acciaio a copertura dell’intera superficie, integrata da passerelle sospese, collegate, tramite un elevatore, al percorso “Pompei per tutti”, destinato anche ai visitatori diversamente abili. Una soluzione innovativa che offre una visione d’insieme dell’architettura delle case romane con l’alternarsi di ambienti adibiti ad usi diversi, da quello produttivo a quello commerciale e abitativo, oltre che dell’attività di scavo e restauro.

Il cantiere in questione è un isolato (insula, appunto) formato da tre case collegate tra loro ma indipendenti. La prima era utilizzata come panificio, con il forno aperto sulla strada; la seconda era una locanda, e la terza, un’unità abitativa normale. Ciò che è emerso dagli scavi e dalle prime ricognizioni è che, al momento della drammatica eruzione del 79 d.C., il forno della prima casa non era in funzione, forse perché danneggiato a seguito del terremoto del 62 d.C. e di altri eventi sismici succedutisi nel tempo. Qui sono stati rinvenuti anche scheletri di animali che occupavano la stalla all’interno della casa, e che non riuscirono a mettersi in salvo. Per ricavare la stalla, il proprietario aveva diviso un ambiente destinato a salotto per banchetti, sulle cui pareti sono ancora visibili affreschi raffiguranti uomini e donne intenti a bere vino, protagonista indiscusso dei convivi, e a scambiarsi caste effusioni, abbandonandosi al piacere dei sensi.

Le emozioni suscitate dal ritrovamento delle tracce di un passato sepolto dalla cosiddetta “colata piroclastica” – una nube ribollente di gas e cenere che, fuoriuscendo dal vulcano, ricoprì l’antica Pompei, seminando terrore e morte – sono ancora più forti davanti ai disegni rinvenuti su una parete della seconda casa. Usando un carboncino, ricavato dai residui della legna bruciata per alimentare la cucina della locanda, un bambino ha riprodotto delle scene di caccia simulata e dei gladiatori, che, molto probabilmente, aveva visto esibirsi nel teatro della città. Ugualmente toccante è il contorno di una piccola mano, disegnata sul muro, ancora intatta e pulsante di vita, a perenne memoria di un’infanzia spezzata.

Nella terza casa, gli scavi tuttora in corso hanno disseppellito gli scheletri di un uomo e una donna in età senile, intrappolati, in una inutile fuga, tra la porta che affacciava sul vicolo laterale e quella di accesso alla casa, rimasta bloccata. Anche qui intere stanze appaiono interamente affrescate e molti dei soggetti ritratti anticipano raffigurazioni presenti in epoche successive, a riprova della modernità degli artisti di allora.

A lasciare senza fiato, mentre si ammirano queste opere, è la capacità di racchiudervi le emozioni del momento e di trasferirle immutate a chi le ha salvate dall’oblio, restituendole alla bellezza di duemila anni fa.

È il caso di un affresco raffigurante un bambino con un cappuccio (il cucullus dell’antica Roma), circondato da grappoli d’uva e con accanto un cagnolino. Si è pensato ad una raffigurazione di Bacco da giovane, o a un’allegoria dell’autunno. Ma la presenza di un monumento funebre alle spalle del bambino, fa ipotizzare che si tratti di un membro della famiglia che abitava in questa casa, morto prematuramente e ritratto insieme al suo cane, che gli resta vicino e lo difende anche nell’aldilà.

Anche il cantiere della Regio V, dove sono di nuovo visibili la domus di Leda e la Casa degli amorini dorati, così come la Casa dei Vettii, sta restituendo al mondo il suo patrimonio di reperti che raccontano non solo la vita, ma anche il modo di pensare degli abitanti di Pompei, con l’unico obiettivo di garantirne la tutela e la piena accessibilità per i tempi a venire.

Viviana Rossi

Donazione sostieni il Gazzettino Vesuviano