Tenta la fortuna ma ne esce recidivo, il 14enne napoletano che il 21 luglio a Napoli fu fermato dai Carabinieri per un tentato omicidio.
Aveva ferito la vittima con un colpo di pistola durante un agguato in scooter, per poi fuggire a lbiza grazie a un documento falso fornitogli presumibilmente da affiliati del clan camorristico per il quale ha operato. Approdato nell’isola spagnola, E.S. si è nuovamente trovato al centro di guai, coinvolto in una rissa in discoteca all’Hard Rock, dove avrebbe accoltellato un altro giovane.
Doppio il coinvolgimento in dinamiche criminali nonostante la giovane età
La fuga verso la Spagna è iniziata subito dopo il tentato omicidio avvenuto il 27 luglio 2024 a Piazza Carlo III. E.S., insieme a un complice, si era avvicinato a un altro scooter su cui viaggiava una coppia di giovani e, senza apparente motivo, aveva aperto il fuoco, non solo sul ragazzo ma anche sulla dinamica più complessa legata al controllo della zona da parte di bande criminali.
La latitanza del 14enne, durata per tutto il mese di agosto, si è conclusa a lbiza, dove la sua condotta violenta non è passata inosservata, bensì aggravata. Durante una rissa scoppiata nella discoteca Hard Rock dell’isola, E.S. ha accoltellato un coetaneo, attirando su di sé l’attenzione delle autorità spagnole che hanno posto fine alla sua idilliaca fuga.
E’ stata la madre del ragazzo a chiedere ai Carabinieri di ritrovare suo figlio
Di questo caso non si parla solo per la drammaticità di una vita segnata dalla violenza, ma anche per l’assurda facilità con cui i giovani coinvolti nel crimine organizzato riescono a spostarsi, protetti da una rete di connivenze che li segue anche oltre i confini nazionali. E se durante la sua latitanza il ragazzo ha continuato a perpetrare atti criminali, significa che il contesto camorristico è riuscito ancora una volta a plasmare mente e corpo di giovanissimi che, pur fuggendo dalla giustizia, non riescono a liberarsi da questa spirale di illegalità.
Le indagini della Procura dei Minori di Napoli, coordinate dal Pubblico Ministero Claudia De Luca, hanno ricostruito il percorso di E.S., partendo dall’agguato di Napoli fino alla fuga a Ibiza, sotto richiesta della madre del ragazzo che, preoccupata per la sorte del figlio, aveva contattato le autorità locali, chiedendo aiuto per ritrovarlo. Il giovane, difeso dall’avvocato Carlo Ercolino, è stato interrogato e, dopo un iniziale atteggiamento di sfida, ha mostrato segni di pentimento, confessando il proprio coinvolgimento nei fatti.
Un segnale d’allarme sul reclutamento precoce nei clan
La storia di E.S. non è purtroppo un caso isolato, ma rappresenta un fenomeno sempre più diffuso nelle aree più problematiche di Napoli. Giovani e giovanissimi vengono reclutati dai clan camorristici, spesso attirati dalla promessa di denaro facile e uno status sociale che altrimenti faticherebbero a ottenere. Tuttavia, dietro queste illusioni, si nasconde una realtà ben più oscura: quella della violenza quotidiana, delle faide territoriali e di una vita che, in molti casi, si conclude tragicamente prima ancora di raggiungere l’età adulta.
L’episodio di Piazza Carlo III si inserisce proprio in questo contesto di lotte tra baby-gang, nate spesso come braccio armato delle famiglie camorristiche, ma che, con il tempo, stanno acquisendo una propria autonomia. Il controllo delle piazze di spaccio, della movida notturna e di altri traffici illeciti è diventato una delle principali cause di conflitti tra queste bande giovanili, che non esitano a sparare o ad aggredire per stabilire la propria supremazia.
La necessità di un intervento mirato per salvare i giovani dal crimine
La vicenda di E.S. solleva un’importante riflessione su quanto le istituzioni debbano fare di più per prevenire il coinvolgimento dei giovani nel crimine organizzato. Le misure di contrasto alla camorra, pur essenziali, non sono sufficienti se non accompagnate da interventi sociali mirati che diano a questi ragazzi una via d’uscita. La dispersione scolastica, le basse opportunità lavorative e l’assenza di punti di riferimento positivi rendono infatti questi adolescenti facili prede delle organizzazioni criminali.
L’appello coinvolge la società tutta, dalle scuole alle famiglie, dalle amministrazioni alle associazioni, che ha urgente bisogno di mobilitarsi per offrire alternative concrete alle nuove generazioni, affinché il loro destino non resti inevitabilmente segnato dalla prepotenza e dall’illegalità. In quest’ottica, è altrettanto urgente rafforzare i programmi di recupero per quei ragazzi che, come E.S., hanno già imboccato la strada sbagliata, cercando di reintegrarli in un contesto sano prima che sia troppo tardi.
Sofia Comentale