Nel segno di Londra con glamour e passione. Così si potrebbe riassumere in poche parole la mostra “Parker’s meets London”, curata dal giornalista e scrittore Michelengelo Iossa, dedicata al mito della Swinging London che si è tenuta nella sala degli specchi del Grand Hotel Parker’s di Napoli. L’iniziativa ha visto anche una serata speciale denominata “Parker’s Casinò”.
Il primo grand hotel partenopeo, fondato dall’inglese George Parker Bidder, ha ospitato una serie di eventi per celebrare il decennio-simbolo della capitale britannica, con un Capodanno ispirato ai ‘favolosi anni Sessanta’. Soddisfatto del successo di pubblico e critica Giovanni Torre Avallone, ambasciatore e portavoce della proprietà del Parker’s.
Chiedi chi erano i Beatles e il Grand Hotel Parker’s ti risponderà! E così nella lucente sala e nelle vetrine allestite si sono potuti osservare libri d’epoca, memorabilia, dischi, autografi e locandine che hanno impreziosito la mostra arricchita da oggetti provenienti dalle collezioni di Claudio Lancellotti (di “Inchiostro e Tempera – Musica e Cinema”) e dello stesso Michelangelo Iossa.
Iossa è inoltre autore – con Franco Dassisti – del fortunato e colorato volume libro “Swinging 60. Musica, cinema, moda, arte e cultura nella Londra degli anni Sessanta” (Hoepli Editore, 2024), entrato nella Top 10 delle classifiche italiane, inglesi ed europee di Amazon nelle sezioni Musica, Cinema, Pop- culture e Storia del Cinema.
Tanti, dunque, memorabilia, dischi dei Beatles e dei Rolling Stones, strumenti musicali, autografi, locandine dei film di 007 hanno raccontato l’epoca d’oro di Carnaby Street e di Mary Quant. Molto interessanti le tre opere ispirate al mito di James Bond realizzate dal maestro Domenico Sepe.
Dopo il grande successo di pubblico e critica delle due edizioni delle mostre “Parker’s meets Bond”, l’elegante e storico hotel, ha voluto così continuare il suo omaggio alla capitale dell’Inghilterra con oltre 200 oggetti da collezione dedicati al mito della Londra degli anni Sessanta offrendo la possibilità, a chi l’ha visitata, di immergersi in quegli anni d’oro della beat generation.
Simona Buonaura