È durata almeno un anno l’insana vicenda ha sconvolto la comunità di Scanzano e sta rimbalzando su tutti i media nazionali ed internazionali. Sette i ragazzini che avrebbero subito violenze sessuali e psicologiche da parte di colei che per loro doveva essere una guida nella crescita: una professoressa di sostegno. Una storia terribile che emerge tra le righe dell’ordinanza firmata dal gip del tribunale di Torre Annunziata, Luisa Crasta, eseguita ieri mattina dai carabinieri di Castellammare di Stabia. Ad essere arrestata è stata Veronica Sposito, 37 anni, residente a Meta di Sorrento, detenuta nel carcere di Benevento, considerato il rischio che potesse reiterare il reato. E’ accusata di violenza sessuale aggravata per aver commesso gli abusi durante le ore di servizio, sfruttando il suo ruolo di docente e scegliendo come vittime minori che non avevano ancora compiuto 14 anni. La donna è ora .
Luogo dell’orrore la scuola media “Catello Salvati” nel rione Scanzano di Castellammare di Stabia, un istituto considerato di frontiera, dove da anni si cerca di salvare i ragazzi da strade sbagliate attraverso la cultura. L’inchiesta, condotta dal pubblico ministero Bianca Maria Colangelo, è partita lo scorso novembre, quando i genitori delle vittime si recarono dai carabinieri per denunciare gli abusi subiti dai propri figli. Sette vittime innocenti, tra cui un minore con disabilità, che sarebbero finite in un vortice di minacce e pressioni psicologiche al centro del quale vi era la docente.
Le testimonianze, raccolte con l’ausilio di uno psicologo in modalità protetta, sono supportate da messaggi, anche vocali, rinvenuti in una chat denominata “La Saletta”, lo stesso nome della stanza della scuola dove si sarebbero consumati gli abusi. A questi elementi si aggiungono i materiali pornografici trovati durante la perquisizione a casa della Sposito.
Secondo l’accusa, la professoressa prelevava i ragazzi durante le lezioni, a gruppi di due o tre, con il pretesto di aiutarli nelle materie in cui avevano difficoltà, nonostante non avesse ricevuto alcuna delega per farlo. Il suo incarico era infatti esclusivamente quello di seguire un alunno disabile, anch’egli vittima degli abusi. Una volta in quella stanza, iniziava a parlare di sesso, dando “lezioni” esplicite: “Dove mettere la lingua quando si bacia”, “Dove toccare”, arrivando a domande come: “Quando avete dato il primo bacio? Quando avete fatto sesso per la prima volta? Quale musica vi piace mettere quando scopate?”. La docente raccontava delle sue esperienze personali, affermando ad esempio che le piaceva “leccare i capezzoli degli uomini” o che preferiva “i preservativi alla frutta”, utilizzando un linguaggio volgare.
Li “istruiva” mostrando loro video pornografici, anche contro la loro volontà, e li incitava a compiere atti tra loro, come baciarsi, toccarsi e masturbarsi. In alcuni casi, al rifiuto delle vittime, reagiva con quelle che sembrano vere e proprie scenate di gelosia: “Ti sei trovata la fidanzatina?”, oppure, “A te ti brucia che non stai più vicino a me”, oppure con insulti come: “Ricchione” e “Mi sembri un addurmuto, l’anno scorso eri più sveglio”.
In un caso, secondo l’ordinanza, la professoressa avrebbe praticato un rapporto orale a una delle vittime, commentando davanti agli altri: “Vedi come si fa… questo ha già capito tutt cos e ha aperto il pantalone”. Le pressioni sarebbero proseguite per mesi, con la docente che minacciava i ragazzi dicendo che, se avessero parlato, sarebbero stati bocciati o addirittura mandati in carcere, facendo leva su una sua millantata relazione con un membro delle forze dell’ordine.
L’orrore proseguiva anche fuori dall’aula, tramite chat su vari social network, create appositamente per “parlare di cose zozze, porno”. La Sposito inviava anche immagini e video che la ritraevano nuda utilizzando la modalità della cancellazione automatica subito dopo la visualizzazione, per evitare che venissero salvate o screenshotate.
Ad agosto, quando uno dei ragazzi aveva iniziato a parlare, la professoressa aveva dichiarato che il suo telefono era stato hackerato, un tentativo di allontanare i sospetti.
La vicenda è emersa definitivamente quando la docente segnalò due alunni per aver fumato sigarette elettroniche in bagno. La sospensione di due giorni comminata ai ragazzi spinse questi ultimi a confidarsi con i genitori, svelando l’orrore della “Saletta”.
Stando a una sintesi dell’ordinanza del giudice, Veronica Sposito: “… è un’insegnante che, approfittando del proprio ruolo e della inevitabile soggezione di studenti di 12 e 13 anni ha accuratamente selezionato un gruppetto di giovani di suo gradimento e ne ha fatto un gruppo compatto, creando una situazione all’insegna della malsana complicità”.
Il procuratore Fragliasso ha sottolineato la necessità di approfondire le modalità con cui la docente gestiva il gruppo di alunni, visto che il suo incarico era legato al sostegno di un solo studente. Un punto che attende risposte da parte dei vertici della scuola (che ovviamente sono estranei alle presunte trame di violenza contestate alla docente). Spesso si riuniva con altri sei alunni, che di fatto diventavano suoi discenti. A che titolo? Stando a quanto emerso in questi due mesi di indagine, si trattava di “ripetizioni” per alunni in difficoltà, argomento destinato ad alimentare le doverose recriminazioni da parte delle famiglie dei ragazzi coinvolti.
La docente, assistita dall’avvocato Francesco Cappiello, comparirà domani davanti al gip per l’interrogatorio di garanzia, dove avrà l’opportunità di fornire la sua versione dei fatti.
Fino a questo momento, la Sposito ha dichiarato di essere vittima di calunnie e di una messinscena architettata contro di lei. Tuttavia, la ricostruzione della Procura racconta un quadro di pressioni morbose, di approcci inappropriati e di comportamenti che hanno profondamente segnato le giovani vittime.