La rivoluzione del tubo

Un documentario disponibile su Rai Play racconta gli Impressionisti e la loro pittura “a cielo aperto”

Tenacia nel sostenere le proprie idee, insofferenza per le convenzioni e voglia di rivalsa nei confronti di un mondo che non capisce la loro arte. Da qui prende il via la rivoluzione di un gruppo di artisti che, nella Parigi di metà Ottocento, sfruttano tutto il potenziale dei colori ‒ racchiusi in tubetti metallici che cambiano il modo di dipingere ‒ per trovare ispirazione “en plein air”. Uscendo dagli atelier, soddisfano il desiderio di esaltare i colori della natura, di catturare il quotidiano e l’essenza della luce. In breve, di “impressionare” il mondo.

Fino a quel momento, i temi della pittura erano stati quelli storici, religiosi e mitologici, trattati nel rispetto dei criteri estetici della pittura borghese e dei gusti del tempo. Sisley, Renoir, Monet, Pissarro, Degas, Cézanne e Morisot (unica donna del gruppo) riscrivono le regole dell’arte, svincolandosi dai canoni della pittura classica e dal rigore accademico, e sfidando il sistema dei Salon ufficiali che si tenevano al Louvre. In queste mostre annuali di pittura e scultura, si decideva se le migliaia di opere mostrate l’una accanto all’altra potevano superare la selezione della giuria e il vaglio implacabile dei critici d’arte, capaci di costruire o distruggere la reputazione degli artisti.

Solo fuori da qui, e dopo svariati rifiuti, riescono a diventare protagonisti di un rinascimento artistico. Nello studio del fotografo Nadar al numero 35 di Boulevard des Capucines, a Parigi, il 15 aprile 1874 si tiene la prima mostra collettiva indipendente di artisti che espongono quasi 200 quadri, da loro scelti personalmente, intraprendendo un percorso autonomo, liberi dai giudizi imprevedibili e arbitrari dei Salon. La mostra riscuote scarso successo, ricevendo critiche feroci e rifiuti sdegnosi, ma entra nella storia, e molti dei dipinti esposti sono destinati a essere riconosciuti come capolavori. Grazie a questo evento, un giornalista sprezzante riserva a quegli artisti l’appellativo denigratorio di “Impressionisti”, di cui loro si appropriano, consegnando alla storia un movimento che la cambia per sempre.

Claude Monet si consacra alla pittura del nuovo corso, e il suo “Impressione, levar del sole”, ne diventa il manifesto, emblema di colori puri, mischiati con il bianco che li illumina ed evoca la luce. Edouard Manet riscrive la storia dell’arte, raffigurando con estremo realismo (giudicato sacrilego e indecente), nel dipinto “La colazione sull’erba”, la nudità di una donna seduta sul prato in compagnia di due uomini. Camille Pissarro, uno dei primi a dipingere all’esterno e soprannominato “il patriarca degli Impressionisti”, si fa apprezzare da giornalisti come Émile Zola per le “potenti rappresentazioni della campagna moderna e la poesia che svelano in una realtà ordinaria”. Edgar Degas, appassionato dell’Opera e dei suoi artisti, ritrae le ballerine che danzano sul palco e nelle scuole di danza, immortalandone la grazia dei movimenti e la sofferenza durante le prove. Paul Cézanne si distingue per i colori scuri dei ritratti e delle nature morte, applicati in strati di pittura spessi e ruvidi, poi riservati ai paesaggi. Berthe Morisot si batte per diventare una pittrice, e la sua vita casalinga diventa il soggetto principale delle sue tele, nelle quali gioca con la luce che filtra dalle tende mosse dal vento esaltando l’intimità degli interni e la delicatezza alle donne. Alfred Sisley e Auguste Renoir, oltre a dipingere per guadagnarsi da vivere, restano fedeli alla convinzione che la pittura debba comunicare l’emozione che si prova al cospetto della natura, in tutte le sue infinite sfaccettature.

Ognuno ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’arte, a testimonianza di un percorso lungo, ma coronato dal successo di un’intuizione rivoluzionaria.

Viviana Rossi

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