Sono durati otto ore e mezza i rilievi della polizia scientifica nell’appartamento del rione Ice Snei di Acerra, dove nella notte tra il 15 e il 16 febbraio la piccola Giulia Loffredo, di appena nove mesi, è stata trovata in fin di vita. Il padre della bambina, Vincenzo Loffredo, sostiene che la figlia sia stata aggredita dal pitbull di famiglia, mentre lui dormiva profondamente accanto a lei. Le indagini stanno cercando di chiarire diverse incongruenze nel suo racconto, a partire dal fatto che la bambina era già morta da almeno 20-30 minuti prima dell’arrivo in ospedale.
Il sopralluogo e il sangue ripulito
L’appartamento era stato ripulito dal sangue prima dell’apposizione dei sigilli, secondo quanto riferito dal padre della bimba al proprio legale, Luigi Montano. La pulizia sarebbe avvenuta per iniziativa di alcuni parenti, tra cui la madre di Loffredo, che, entrata per recuperare una coperta destinata alla madre della piccola, avrebbe avuto una reazione di forte choc alla vista del sangue. Un familiare, temendo ulteriori reazioni, avrebbe lavato il pavimento. Quando gli investigatori sono tornati per un secondo sopralluogo, lo straccio utilizzato per pulire risultava ancora bagnato. La casa però non era ancora ufficialmente sotto sequestro al momento della pulizia.
Gli inquirenti stanno analizzando le immagini delle telecamere di videosorveglianza per verificare gli spostamenti del padre e il suo arrivo in ospedale e per cercare di confermare o smentire la sua versione. Al momento, su questo punto, così come sugli esiti dell’autopsia, c’è il massimo riserbo da parte degli investigatori. Nel frattempo, l’avvocato Montano ha chiesto che il suo assistito venga interrogato di nuovo, per chiarire le circostanze relative alla pulizia dell’abitazione e alla dinamica della tragedia.
La bambina era già morta all’arrivo in ospedale
Secondo il dottor Emanuele Leo, medico del pronto soccorso della clinica Villa dei Fiori, la piccola Giulia era già deceduta da almeno 20-30 minuti prima di essere trasportata in ospedale. Il medico ha spiegato che il corpo della bambina mostrava segni inequivocabili di arresto cardiaco prolungato, tra cui marezzature cutanee, ovvero strisce rossastre che compaiono quando il sangue smette di circolare. “Abbiamo comunque provato a rianimarla”, ha dichiarato il medico. “La bimba però è arrivata da noi già con la noce del collo rotta”.
Ipotesi sulla rottura del collo e il ruolo dei cani
Un elemento chiave dell’inchiesta riguarda proprio la frattura della noce del collo, che potrebbe essere stata provocata dalla violenza dell’aggressione da parte del pitbull. Un’ulteriore ipotesi al vaglio degli inquirenti è che la bambina possa essere caduta dal letto, riportando la frattura, per poi essere eventualmente aggredita dal cane. Sul corpo della piccola sono state riscontrate ferite compatibili con morsi di cane ed ecchimosi.
In casa erano presenti due cani: Tyson, il pitbull, e Laika, una meticcia. Nessuno dei due ha mostrato segni di aggressività al momento del sequestro, e dalle prime analisi non sarebbero state trovate tracce di sangue nelle loro bocche. Solo sulla testa della meticcia è stata rinvenuta una piccola macchia di sangue. Ora si attendono gli esiti dell’esame del Dna sulle feci dei due cani per individuare eventuali tracce di sangue della bimba o altri elementi utili all’indagine.
Le incongruenze nel racconto del padre
Vincenzo Loffredo ha dichiarato di essersi addormentato profondamente, mentre gli accertamenti richiesti sull’uomo dalla polizia, subito dopo il suo arrivo in ospedale e la morte della bambina, hanno evidenziato l’uso di cannabis da parte dell’uomo. Questo elemento solleva ulteriori interrogativi su quanto sia realmente accaduto nella notte della tragedia.
Appena arrivato in ospedale, Loffredo aveva riferito ai medici che la piccola era stata aggredita da un cane randagio in strada, salvo poi ritrattare successivamente. Secondo il suo legale, avrebbe detto una bugia per paura della reazione della compagna, che si trovava al lavoro in pizzeria quella notte. Reazione che in effetti, c’è stata all’arrivo della giovane mamma in ospedale quando aveva urlato contro il marito di sapere quello che era accaduto e che la colpa era del pitbull che non era stato allontanato dalla casa.
Le indagini della Procura di Nola continuano per stabilire con certezza la dinamica dei fatti e la responsabilità del padre, attualmente indagato per omicidio colposo e omessa custodia e vigilanza del cane.
Dove sono i cani e come stanno
I due cani sono custoditi in un canile convenzionato con l’Asl Napoli 2 Nord, che ha prelevato gli animali la notte della tragedia per sottoporli a visita veterinaria e prelievi. Secondo quanto riferito dall’azienda sanitaria locale, i cani non hanno mai mostrato segni di aggressività e non è stato necessario l’uso di strumenti di contenzione neanche nell’immediatezza dei fatti.
Le condizioni dei genitori della piccola Giulia
Secondo quanto riferito dal legale Luigi Montano, entrambi i genitori sono profondamente provati. “Il mio assistito – ha spiegato l’avvocato – è dilaniato dai sensi di colpa. Stava accudendo la bambina mentre la compagna era al lavoro e non riesce a spiegarsi come sia potuto accadere. Erano due ragazzi giovani che stavano cercando di costruire una vita insieme, ora sono distrutti dal dolore”.