Pasqua, festa di rinascita… gastronomica

La festa del passaggio a nuova vita. È questo il significato etimologico della Pasqua, festa mobile la cui data cambia ogni anno per coincidere con la prima domenica successiva al plenilunio di primavera. Una ricorrenza che, oltre al suo valore religioso, segna anche la “resurrezione” del palato, dopo il lungo periodo del digiuno quaresimale che precede il ritorno della carne sulle tavole della domenica di festa.

Ne abbiamo parlato con il giornalista e scrittore Giovanni Taranto, autore del libro “Requiem sull’ottava nota”, il secondo della trilogia sulle indagini del capitano dell’Arma dei Carabinieri Giulio Mariani (pubblicato da Avagliano Editore e vincitore del Premio “Mysstery 2023” al Festival del Giallo di Napoli), che, dice Taranto, “è ambientato nel periodo di Pasqua in virtù di una transizione naturale rispetto al primo libro “La fiamma spezzata” per non lasciare vuoti temporali.

Mi sono servito di questa ambientazione anche per mostrare tutte le tradizioni che ci sono nel nostro territorio, sia quelle positive che quelle negative”. E tra le prime rientrano, senza dubbio, le prelibatezze dolci e salate della tradizione pasquale napoletana, che arricchiscono le tavole della Settimana Santa, “e che ho descritto nel libro grazie alla preziosa consulenza della mia agente Carla Fiorentino” aggiunge Taranto.

Gli chiediamo di parlarci delle più tipiche, preparate secondo ricette molto antiche.

“Sicuramente, la pastiera, dolce conosciuto, ormai, oltre i confini regionali e nazionali, che chiude degnamente il pranzo di Pasqua iniziato con la fellata, antipasto di affettati misti tagliati a fette (le ‘felle’, appunto), uova sode e formaggi disposti su un tagliere. Le origini della pastiera sono addirittura leggendarie, collegate alle offerte che il popolo faceva in primavera alla sirena Partenope. In realtà, questo dolce ‒ che ha l’esterno di pasta frolla ripieno di una goduriosa farcia di ricotta, uova, grano bollito nel latte (a chicchi interi o passato), zucchero e scorzette candite, il tutto aromatizzato con cannella, vaniglia, millefiori e acqua di fiori d’arancio ‒ è nato probabilmente in un convento di suore, rielaborato da una ricetta talmente antica da essere citata in un racconto del ‘Pentamerone’, opera seicentesca del giuglianese Giovan Battista Basile. La parte superiore di questo dolce è decorata con le tipiche losanghe ottenute incrociando sette strisce di pastafrolla sottile che, secondo una leggenda carica di suggestione, rappresenterebbero i quattro decumani e i tre cardini dell’antica Neapolis”.

E che dire delle pietanze salate?

“Nel mio libro faccio riferimento all’eterno conflitto delle tavole pasquali tra il casatiello propriamente detto e il tòrtano, i rustici tipici sia di Napoli che della provincia, su cui intere generazioni, città e famiglie si sono confrontati nell’inutile tentativo di attribuire all’uno o all’altro il titolo di ‘pane di Pasqua’. Il primo è un pane condito con sugna di maiale e pepe, arricchito da pezzi di salame e cicoli di porco, a cui viene data la forma di una grossa ciambella. Sulla sua superficie vengono incastonate, prima della cottura, delle uova intere, fissate al rustico da croci realizzate con lo stesso impasto in modo che ne sporgano come pietre preziose su una corona. La croce richiama la Passione di Cristo e l’uovo simboleggia la rinascita a vita eterna dell’uomo grazie alla morte e resurrezione del figlio di Dio. Il nome ‘casatiello’ deriverebbe da ‘caso’, cioè formaggio, per la presenza di pecorino al suo interno, l’unico utilizzato in origine perché fatto con il latte di pecora di cui si nutre l’agnello, altro simbolo della Pasqua cristiana.

Il tòrtano si differenzia solo per la presenza di più cordoni singoli di pasta che vengono attorcigliati tra loro, ritorti e uniti a cerchio come simbolo della corona di spine della Passione di Gesù. E anche per le uova, inserite già sode e tagliate a spicchi solo nell’impasto”.

Dopo tutto questo ben di Dio, che cosa si può desiderare di più per imbandire la tavola della Pasquetta?

“Per festeggiare degnamente il Lunedì in Albis, oltre a pastiere di grano e casatielli dolci e salati, non possono mancare fave, ricotta salata, teglie di pasta al forno guarnita di ‘purpettelle’, e le immancabili ‘pizze di maccheroni’ ripassate in padella. Con il mio augurio di serene festività pasquali”.

Viviana Rossi

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