Torre Annunziata, ancora fiamme alle arcate borboniche: un simbolo storico soffocato dall’abbandono

Un nuovo incendio ha colpito, nella notte tra giovedì e venerdì, le arcate borboniche di Torre Annunziata, precisamente lungo via Caracciolo. L’ennesimo rogo, sviluppatosi poco dopo l’una, ha riportato tragicamente l’attenzione su uno dei luoghi più carichi di storia della città, ma anche tra i più trascurati. Una densa nube nera, alimentata dai cumuli di rifiuti accumulatisi nel tempo, nonostante la presenza di grate di isolamento, ha subito allertato i residenti e le autorità.

I vigili del fuoco, ostacolati da un fumo acre e compatto, sono intervenuti tempestivamente insieme a una pattuglia del Commissariato di Polizia oplontino. L’incendio è stato domato in tempo, evitando danni strutturali gravi, ma l’evento ha lasciato l’ennesima ferita simbolica. Le indagini sono in corso per stabilire le cause: non si esclude nessuna ipotesi, dal dolo all’imprudenza. Ma resta il fatto che, ancora una volta, un luogo di valore storico e architettonico si è trasformato in un potenziale focolaio di pericolo.

Non è un episodio isolato. L’ultimo incendio simile risale all’ottobre scorso, e prima ancora le arcate, in passato divenute vere e proprie discariche abusive, sono state più volte vittime di roghi appiccati tra i rifiuti. Il degrado ha radici profonde e una lunga storia di promesse mancate e progetti mai realizzati.

Nel maggio 2017 erano stati finalmente avviati i lavori di riqualificazione da parte di Rete Ferroviaria Italiana (Rfi), proprietaria dell’infrastruttura, in collaborazione con l’allora Amministrazione Starita. L’intento era ambizioso: trasformare le arcate in spazi destinati ad attività commerciali e artigianali, attraverso una concessione ventennale in comodato d’uso al Comune. Tuttavia, il progetto si è rapidamente arenato.

Le difficoltà sono esplose con l’installazione degli infissi. Il progetto iniziale prevedeva infissi in alluminio, ma la Sovrintendenza di Napoli ne bloccò l’esecuzione, imponendo l’utilizzo di acciaio lavorato, più consono al valore storico dell’opera. Il cambio richiesto comportava costi maggiori, e l’impresa appaltatrice interruppe i lavori in attesa di una variante progettuale da parte di Rfi. Ne nacque un contenzioso tra Rfi e il Comune, che contestava anche il computo metrico e la qualità dell’intervento, chiedendo l’intervento di una ditta specializzata in restauri storici.

Con l’insediamento della Commissione Straordinaria nel 2022, il contratto con Rfi venne definitivamente rescisso e la vicenda rinviata alle aule giudiziarie. Un’udienza è prevista per il prossimo giugno, ma nel frattempo nulla è cambiato. Le arcate borboniche restano lì: sporche, pericolose, in balia dell’incuria, dei rifiuti e ora anche delle fiamme.

Quello che doveva essere il cuore pulsante del riscatto urbanistico e culturale della città – parte integrante della riqualificazione del waterfront oplontino – è oggi l’emblema di un fallimento: la burocrazia lenta, le promesse disattese, l’incapacità cronica di valorizzare il proprio patrimonio.

L’incendio dell’altra notte è solo l’ultimo campanello d’allarme. Non si tratta più soltanto di una questione estetica o urbanistica, ma di sicurezza pubblica e di dignità urbana. Le arcate borboniche, inaugurate nel 1842 insieme alla ferrovia Napoli-Torre Annunziata, potrebbero rappresentare un’opportunità di rilancio culturale ed economico. Invece continuano a essere trattate come un problema da rimandare. E ogni volta che una nuova fiamma le consuma, diventa sempre un po’ più tardi per rimediare.

Sarah Riera

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