Era il 26 novembre 2016, ormai sono passati quasi 10 anni da quel giorno, ma lo ricordo come se fosse ieri. Io, non ero altro che un giovane uomo che si affaccia al mondo, sempre pieno di dubbi ma con quelle poche convinzioni che pulsavano e permeavano in ogni ambito della mia vita. Fare qualcosa per gli altri, aiutare, anche quando non richiesto o necessario, ha sempre fatto parte di me.
All’epoca rappresentavo la regione Campania come delegato per il Servizio Civile Nazionale (oggi Servizio Civile Universale) e, assieme ad una manciata di giovani promettenti e pieni di forza e idee brillanti ho avuto l’opportunità di incontrare Papa Francesco. Ricordo che ero felice, ma non ero sicuramente pronto alle emozioni che mi avrebbero travolto quel giorno.
Ero molto giovane, ma un po’ di esperienza la avevo; nel mio piccolo, anche attraverso la penna e il microfono prestati a il Gazzettino vesuviano e alla Web TV del giornale, mi capitava spesso trovarmi in situazioni dove per un’intervista o un nuovo pezzo mi dovevo confrontare con situazioni e personalità sconosciute e spesso più “grandi di me”.
L’incontro con Papa Francesco è stato un’esperienza che è andata ben oltre le mie aspettative e la mia immaginazione. Il carisma emanato dal Pontefice era palpabile nell’aria. Prima di avvicinarsi a noi giovani del Servizio Civile, ricordo le sue parole su quanto fosse importante il nostro apporto e, in generale, il contributo di chi lavora per costruire una società solidale per il raggiungimento di una comunità civile uguale e fraterna. Quel giorno, a quindici anni dall’istituzione del servizio civile con la legge numero 64, ci definì forza preziosa e dinamica per il paese.
In un attimo la mia felicità si trasformò in consapevolezza profonda, le mie gambe cominciarono a tremare in maniera incontrollata, e il cuore mi batteva all’impazzata nel petto quando, finito il discorso, cominciò a dirigersi verso di me e i miei colleghi volontari. Non potrò mai dimenticare la gioia, la semplicità e l’energia sprigionate dai suoi occhi e dal suo sorriso. Ad ognuno di noi dedicò una parola, un gesto, pochi secondi.
Quando arrivò il mio turno, mi sembrava di vivere quei secondi al rallentatore, due frasi dette al momento giusto e uno sguardo capace di leggere fin dentro al cervello, fin dentro l’anima.
Non potrò mai dimenticare quel “Come stai? Non ti fermi mai!”. Inaspettatamente riuscii a muovermi e con un gesto portai le mie mani sulle braccia, la lingua mi si sciolse. Avemmo un breve botta risposta privato che custodisco gelosamente ancora oggi. Pochi secondi, sospesi nel tempo, una promessa, e un dono nelle mie mani, un rosario, e il consueto “non dimenticarti di pregare per me” seguiti da un goffo e spontaneo abbraccio.
A poco più di 24 ore dalla notizia della sua morte, sarà poco forse, ma sento di voler condividere questo mio ricordo personale attraverso queste pagine, per poter offrire una genuina seppur fugace idea, a chi legge, della grandezza del carisma di quest’uomo che, a prescindere dalla fede, ha sfoggiato una semplicità e un’umiltà disarmanti e, se è vero che i ricordi aiutano a rivivere momenti e persone, magari, anche attraverso questa testimonianza scritta, Papa Francesco potrà vivere e rivivere per qualche secondo, in queste mie parole e nel pensiero di chi legge.
Raffaele Cirillo