Supplica di Pompei: Omelia del Cardinale Giovanni Battista Re, Decano del Collegio Cardinalizio

A Pompei il Decano del Collegio cardinalizio presiede, sul sagrato del Santuario, la celebrazione della Messa e la recita della Supplica, cara ai fedeli di tutto il mondo. Nell’introdurre il rito, e poi ancora nella sua omelia, chiede di pregare il Padre e di invocare l’intercessione della Madonna perché conceda al mondo un “Papa che rafforzi la fede in un mondo caratterizzato da un grande progresso tecnico, ma che tende a dimenticare Dio”.

Qui nel centro spirituale di Pompei, voluto da Bartolo Longo, che a breve sarà festeggiato come Santo nel mondo intero, le parole che sono risuonate nel Vangelo ci portano col pensiero e col cuore a Nazareth, che allora era un villaggio in una provincia marginale dell’Impero romano, mentre in questi giorni invece è in una zona straziata da un’orribile guerra con innumerevoli morti e distruzioni.

Era un giorno uguale a tutti gli altri, in nulla dissimile; ma nel disegno di Dio, che abbraccia il tempo e l’eternità, era un giorno decisivo per il destino e la storia dell’umanità. Era giunta quella che San Paolo chiamerà: “la pienezza del tempo” (Gal 4,4).

L’arcangelo Gabriele porta alla Vergine Maria un saluto inatteso e sorprendente: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”.

Maria è colta da grande stupore. Lei, consapevole della sua piccolezza e della sua povertà, rimane sconvolta, e ancor più rimane stupita dalle altre parole del messaggero divino: “Hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato figlio dell’Altissimo” (Lc 1, 31-32).

È questo certamente il più grande annuncio della storia. Maria si rende conto di aver udito qualche cosa di enorme, che le pone problemi che non riesce a comprendere, e le sgorga spontanea la domanda: “Ma come è possibile? Come avverrà questo?”.

È una domanda che non nasce dal dubbio, ma dal desiderio di capire la volontà di Dio, per seguirla.

L’angelo assicura Maria che la maternità avverrà per opera dello Spirito Santo, il quale scenderà su di lei, lasciando intatta la sua verginità.

E Maria dà il suo consenso, pronunciando il suo “fiat”: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1,38).

Per realizzare il suo piano di salvezza dell’umanità, Dio ha voluto il libero consenso della Vergine Maria. In un certo senso, possiamo dire che ha fatto dipendere tutto il mistero della redenzione dal consenso di Maria.

Per creare l’uomo Dio ha agito da solo : “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza” (Gen 1, 26).

Per redimere l’umanità, Dio ha chiesto il consenso della Madonna. La sorte di tutti gli uomini e di tutte le donne è dipesa dal “sì” di una donna. Non si è trattato solo di accettare la maternità, ma di accettare tutto il progetto divino, fino al Calvario, dove la Madonna rimase in piedi, presso la croce.

Come ben sottolineato nella Costituzione dogmatica Lumen Gentium, “Maria non fu strumento meramente passivo nelle mani di Dio, ma cooperò alla salvezza degli esseri umani con libera fede e obbedienza” (Lumen Gentium, 56).

E da quel momento Maria è coinvolta, per decisione di Dio, in un meraviglioso ruolo di collaborazione per la salvezza dell’umanità, mediante la redenzione operata da Cristo. Da quel giorno la storia del mondo è cambiata, perché il Figlio di Dio è entrato nella storia umana e si è fatto uomo.

Nessuna creatura ha avuto una vicinanza e un legame con Dio come li ha avuti la Vergine Maria, la quale è presente in tutti i momenti decisivi della storia della salvezza. La Beata Vergine Maria è nel cuore del mistero dell’incarnazione: il Figlio di Dio si è fatto uomo nascendo da Lei. Noi lo abbiamo ricevuto da Lei. Dio, nei suoi disegni misteriosi, ha scelto questa strada perché Cristo venisse a noi come vero uomo, e noi non possiamo trovare una via migliore per arrivare a Lui, se non passando attraverso la Madonna.

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Nei fioretti di San Francesco si narra che ebbe un sogno: vide due scale che dalla terra salivano fino al cielo. La prima era di color rosso e al vertice vi era Gesù che invitava i frati a salire, ma i frati, dopo alcuni tentativi, ricadevano a terra e giudicavano l’impresa superiore alle proprie forze. San Francesco invitò allora ad incamminarsi per la seconda scala, che era bianca e in cima vi era la Madonna che con affettuosi gesti li incoraggiava a salire. Questa scala si rivelò più facile per i frati, che raggiungevano agevolmente la cima, dove la Madonna li accoglieva e li portava a Gesù.

Non so se si tratti di un semplice sogno o di una visione. L’idea che esprime è teologicamente esatta: Maria è colei che ci aiuta ad andare a Gesù.  La missione della Vergine Maria è di condurre ogni uomo e ogni donna a Dio.  La Madonna è totale relazione a Cristo, per cui, onorando la Madonna, glorifichiamo il Figlio di Dio. L’autentica devozione alla Madonna porta a Cristo, dal Quale proviene ogni dono e ogni grandezza.

Nelle vicende liete e tristi della vita noi possiamo sempre contare sulla Beata Vergine Maria, che è vicina a Dio e pertanto può intercedere per noi e, contemporaneamente, è vicina a noi con materno affetto e nulla le sfugge delle nostre preoccupazioni e dei nostri affanni, perché ci è stata assegnata come nostra madre da Gesù là sul Calvario, nel momento supremo della sua vita, tra gli spasimi atroci che comportava la crocifissione.

Dall’alto della croce, prima di emettere l’ultimo respiro, Gesù si preoccupò di non lasciare sua madre senza appoggio e senza difesa, ma prima di affidare la Madonna all’Apostolo Giovanni, affida Giovanni (e in lui tutta l’umanità) alla Madonna. Gesù infatti disse: “Donna, ecco tuo figlio”. Il primo pensiero di Gesù morente è stato per l’umanità, che ha bisogno della protezione di una madre. Disse infatti: “Donna, ecco tuo figlio”.  Con questa consegna Cristo assegnò alla Beata Vergine Maria una nuova maternità, che si estende da Giovanni a tutti i credenti, aprendo il cuore di sua madre ad una dimensione dell’amore che abbraccia tutti gli uomini e tutte le donne.

Soltanto successivamente disse all’Apostolo Giovanni: “Ecco tua madre”.  Da quel momento, Giovanni la prese con sé, “introducendola in tutto lo spazio della propria vita interiore” (Redemptoris Mater,45) come made e non solo la prese nella sua casa.

È ai piedi della Croce di Gesù morente che è nata la maternità spirituale della Madonna nell’orizzonte dell’intera umanità; una maternità animata dal desiderio di aiutarci a crescere spiritualmente e dalla premurosa attenzione a tutti i bisogni e a tutte le sofferenze di ogni creatura umana; sempre disponibile a venire in nostro soccorso.

Le radici della devozione mariana hanno la loro origine ai piedi della Croce di Gesù. Ne era ben consapevole Bartolo Longo che nella Supplica ci fa invocare l’intercessione di Maria con queste accorate parole: “Tu ricordati che, sul Golgota, raccogliesti, col Sangue divino, il testamento del Redentore moribondo, che ti dichiarava Madre nostra, Madre dei peccatori. Tu dunque, come Madre nostra, sei la nostra Avvocata, la nostra speranza. E noi, gementi, stendiamo a te le mani supplichevoli, gridando: Misericordia!”.

Un ultimo pensiero.  Qui a Pompei tutto parla di Bartolo Longo, grande innamorato di Maria, ma anche grande operatore nel campo sociale in aiuto ai poveri e ai bisognosi. Attorno al Santuario di Pompei, egli volle far nascere una vera cittadella della carità.

Con passare del tempo apprezziamo sempre di più la grande intuizione di Bartolo Longo. Egli sentì nel suo cuore che non si poteva erigere un tempio per pregare la Madonna senza circondarlo di un grande spazio di fraternità dove i poveri, i bambini orfani, gli abbandonati, i figli dei carcerati si sentissero a casa loro sotto la protezione della Madonna.

La “Nuova Pompei” è un affascinante e concreto racconto dal vivo di come l’amore per Dio non può essere che amore per il prossimo. Questa è una terra che parla di Vangelo e nel linguaggio che il Vangelo predilige: quello delle opere. È per questo che la “Nuova Pompei” è come una parabola senza tempo che continua a testimoniare, ai nostri giorni, il primato dell’amore, la forza redentiva della Misericordia, la fecondità di quell’attenzione privilegiata ai poveri e agli indifesi che, quando è realmente praticata, non lascia solo tracce, ma trasforma e fa nuove tutte le cose.

La Città dalla quale eleviamo oggi la Supplica alla Vergine, il luogo dal quale preghiamo con le parole uscite dal cuore ardente del Fondatore, non è una favola d’altri tempi. La sua è una storia con tanto di garanzia: prima pietra della costruzione della Nuova Pompei fu il Santuario alla Vergine. Da quel punto si aprì il compasso della carità che, attraverso le Opere, disegnò il volto anche urbanistico della Città. Tutto è nato nel segno di Maria, ma tutto è avvenuto nel nome di Gesù, verso il quale la Madonna ci indica la strada.

Ma la storia, quella civile come quella ecclesiale, non si ferma. Anche in questo senso Pompei rappresenta un emblema forte: il suo campanile, di cui tra pochi giorni si celebrerà il centenario dell’inaugurazione, svetta, come pochissimi altri, su un tessuto urbano tra i più densamente abitati d’Europa. Non è un santuario “sopra al monte”, ma nel vivo di una Città che è al tempo stesso centro e periferia, segnata da due storie, quella antica che la maestosità degli Scavi lascia leggere come un libro miracolosamente aperto, e la “Nuova Pompei” dove il miracolo della carità è tanto nelle fondamenta quanto nel presente.

Da Bartolo Longo, che presto con gioia venereremo come Santo, ci viene un forte richiamo ad un serio impegno per una società più giusta, più umana e più fraterna, sostenendoci a vicenda come figli di Dio e membri della medesima famiglia umana.

Nella Supplica di oggi preghiamo perché lo Spirito Santo faccia eleggere il Papa di cui la Chiesa e il mondo hanno bisogno. Un Papa che rafforzi la fede in Dio in un mondo caratterizzato da un grande progresso tecnico, ma che tende a dimenticare Dio. Di certo non ci negherà la sua protezione la Madonna, che invochiamo come Sovrana del Cielo e della terra, Regina delle vittorie, Madre nostra e nostra speranza”.

Card. Giovanni Battista Re
Decano del Collegio Cardinalizio

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