Una spirale di violenza giovanile, tradimenti e vendette incrociate ha spinto la camorra a colpire ancora, e a farlo con mani sempre più giovani. È questo lo sfondo dei due omicidi che hanno sconvolto Napoli tra ottobre e marzo, costati la vita a Emanuele Tufano, 15 anni, e a Emanuele Durante, 20 anni. I due episodi, apparentemente scollegati, si intrecciano in un mosaico criminale che coinvolge minorenni armati, spedizioni punitive e un’ombra costante: quella del rione Sanità.
Nel mirino della Dda e della Procura per i Minorenni sono finite sedici persone, otto maggiorenni e sei minorenni per l’omicidio Tufano, e due persone per l’uccisione di Durante. Per tutti, le accuse sono gravissime: omicidio, tentato omicidio, porto e detenzione di armi da fuoco, il tutto aggravato dalle modalità mafiose.
L’agguato a Tufano: la morte durante la spedizione armata
Il primo fatto di sangue avviene il 24 ottobre 2023: siamo tra il rione Sanità e il rione Mercato, zone dove le nuove leve della criminalità organizzata si muovono con dinamiche proprie, spesso svincolate dai clan tradizionali, ma non meno violente.
Quella notte, secondo gli inquirenti, un gruppo di almeno otto giovani del rione Sanità decide di calare verso il Mercato per una spedizione armata, una “stesa”. Il gruppo incrocia altri quattro ragazzini del posto lungo corso Umberto. Ne nasce un conflitto a fuoco che trasforma la zona in un campo di battaglia.
Nel caos della sparatoria, a cadere sotto i colpi non è un nemico, ma un componente dello stesso gruppo: Emanuele Tufano, appena 15 anni, viene colpito da un proiettile partito – secondo le ricostruzioni – da una delle armi impugnate dai suoi stessi amici. Una tragica fatalità, un errore mortale: fuoco amico.
I sospetti sulla fuga di Durante: il presunto “tradimento”
Tra coloro che quella notte erano presenti c’era anche Emanuele Durante, 20 anni, cugino di Annalisa Durante, la ragazza simbolo della lotta antimafia, uccisa per errore oltre vent’anni fa a Forcella. E proprio su di lui, secondo quanto emerge dalle indagini, si concentrano i sospetti della famiglia Tufano e del contesto criminale della Sanità.
Durante non avrebbe detto la verità su quanto avvenuto quella notte. Avrebbe protetto sé stesso, sarebbe scappato, lasciando l’amico morente. Per molti, un gesto di codardia, per altri un tradimento.
Ed è su questo clima di accuse non dette e vendette covate che, mesi dopo, si consuma un secondo agguato.
La vendetta: Durante ucciso davanti alla fidanzata
Il 15 marzo 2024, alle 18:30, Emanuele Durante si trova alla guida della sua Smart nera, in compagnia della fidanzata, in via Santa Teresa degli Scalzi, nei pressi del Museo Archeologico Nazionale.
Dalle immagini delle telecamere di sorveglianza, gli investigatori riescono a ricostruire quanto accaduto: poco prima del delitto, due uomini a bordo di uno scooter compiono un sopralluogo. Tornano poco dopo. Il passeggero estrae una pistola, affianca il lato guidatore della Smart, spara un colpo e fugge via. Durante resta ferito, perde il controllo del mezzo e tampona l’auto che lo precede, prima di scivolare nella corsia opposta.
A nulla servono i soccorsi: Emanuele muore poco dopo. Per gli inquirenti, è una vendetta pianificata, un’esecuzione deliberata per “punire” quel silenzio ritenuto imperdonabile.
L’operazione congiunta: 16 arresti tra maggiorenni e minorenni
Le indagini sono state portate avanti dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale e dalla Squadra Mobile della Polizia di Stato, coordinate da un pool di magistrati esperti in criminalità organizzata giovanile: Celeste Carrano, Maria Sepe, Raffaele Tufano, sotto la supervisione dell’aggiunto Sergio Amato.
Le ordinanze di custodia cautelare, emesse sia dal GIP del Tribunale di Napoli che dal GIP del Tribunale per i Minorenni, hanno colpito 14 persone (otto maggiorenni e sei minorenni) per l’omicidio Tufano. Per l’omicidio di Durante sono stati invece arrestati due soggetti, grazie anche ai filmati acquisiti dalle videocamere presenti sul luogo del delitto.
Gli indagati sono accusati a vario titolo di aver preso parte agli agguati, fornito supporto logistico, impugnato armi e, in alcuni casi, esploso i colpi fatali.
Camorra e giovanissimi: un sistema che si autoalimenta
Le storie di Tufano e Durante sono due volti dello stesso dramma: ragazzi giovanissimi, inghiottiti da una cultura di strada fatta di omertà, appartenenza e paura. Un sistema che si autoalimenta, dove anche il silenzio o la fuga vengono letti come tradimento, dove l’onore si lava col sangue, e dove non c’è spazio per sbagliare.
È un ritratto feroce di una generazione senza scampo, in cui adolescenti impugnano pistole e muoiono per errori di calcolo, per sparatorie sbagliate, o per aver raccontato troppo – o troppo poco.
La memoria di Annalisa e il paradosso della storia
Il caso di Emanuele Durante ha riportato alla mente un’altra tragedia: quella di Annalisa Durante, la cugina, vittima innocente della camorra, uccisa nel 2004 nel cuore di Forcella durante uno scontro a fuoco tra clan rivali.
Vent’anni dopo, è il cugino a cadere, ma non da vittima innocente: coinvolto, per scelta o per contingenza, in uno scenario dove l’eredità criminale si tramanda per sangue e quartiere.