La condanna è arrivata a distanza di quasi dodici anni da uno degli omicidi più efferati della camorra napoletana. Il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Napoli, Valentina Giovanniello, ha inflitto l’ergastolo a Paolo Abbatiello e Gianfranco Leva, ritenuti tre dei quattro mandanti dell’assassinio di Salvatore Esposito, detto Totoriello. L’uomo, eliminato dal clan Licciardi il 27 settembre 2013, fu prima ucciso a colpi di pistola e poi sciolto nell’acido. Per un altro imputato, Raffaele Prota, è stata decisa una condanna a 8 anni di reclusione.

Il movente: una relazione proibita

La ricostruzione della Procura e dei Carabinieri non lascia spazio a dubbi: Salvatore Esposito venne condannato a morte per una relazione sentimentale che aveva intrecciato con la moglie di Giovanni Licciardi, figlio di Gennaro Licciardi, conosciuto come “la scimmia”, storico fondatore del clan.

La famiglia Licciardi, che aveva un ruolo di vertice nella cosiddetta Alleanza di Secondigliano, non poteva tollerare quella che riteneva un’offesa insopportabile al proprio onore e alla propria autorità.

L’agguato premeditato

Il piano per eliminare Totoriello venne studiato nei minimi dettagli. L’uomo fu attirato in una trappola con il pretesto di un incontro fortuito. I killer simularono un’uscita casuale, convincendolo ad accompagnarli con la scusa di andare a trovare il marito di Maria Licciardi, sorella di Gennaro. Una volta in auto, deviarono il percorso, portando Esposito verso una zona isolata e impervia: le cave di tufo nel quartiere Chiaiano, periferia nord di Napoli.

L’omicidio e l’orrore dell’acido

Giunti in quel luogo isolato, Esposito fu assassinato a colpi di pistola. Ma non bastava. Per cancellare ogni traccia del corpo, i mandanti avevano predisposto tutto: un bidone pieno di acido e un bruciatore per portarlo ad ebollizione. Totoriello fu sciolto nell’acido, in un processo di eliminazione fisica che ha ricordato modalità già viste in altri crimini mafiosi, ma che a Napoli non aveva precedenti tanto espliciti in epoca recente.

L’indagine dei Carabinieri

La verità sull’omicidio è emersa grazie alle indagini del ROS e del Comando Provinciale dei Carabinieri di Napoli. Dopo anni di silenzio e omertà, l’inchiesta è riuscita a ricostruire tutti i passaggi del delitto, a partire dalla dinamica dell’adescamento fino all’eliminazione del cadavere.

L’attività investigativa ha permesso di identificare i responsabili, i mandanti e le modalità dell’omicidio, fornendo prove decisive per arrivare alle odierne condanne.

Le condanne e il processo

Al termine del processo celebrato con rito abbreviato, il gip Giovanniello ha accolto le richieste dell’accusa, infliggendo l’ergastolo a Paolo Abbatiello e Gianfranco Leva. Entrambi sono stati riconosciuti tra i mandanti dell’omicidio e attivamente coinvolti nella sua pianificazione ed esecuzione. Per Raffaele Prota, la condanna a otto anni di carcere arriva invece per un ruolo secondario, ma comunque determinante nel compimento del crimine.

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