La musica napoletana perde una delle sue voci più autentiche e riconoscibili. James Senese, sassofonista, voce dei Napoli Centrale e figura simbolo di una città capace di trasformare le sue ferite in arte, è morto oggi all’età di 80 anni. Da un mese era ricoverato all’ospedale Cardarelli di Napoli, in rianimazione, per una polmonite che lo aveva costretto al silenzio dopo una vita trascorsa tra palchi, strumenti e passioni. Le sue condizioni, già critiche da giorni, sono peggiorate fino al decesso avvenuto nelle ultime ore.
Un addio che segna la fine di un’epoca
Con lui si spegne una parte della storia musicale napoletana. Le sue note di sax, vibrate e graffianti, hanno accompagnato generazioni e raccontato con forza il sudore, la rabbia e la dignità di un popolo. Collaboratore di Bob Marley, Gil Evans, Art Ensemble of Chicago, Tullio De Piscopo e soprattutto Pino Daniele, Senese è stato un ponte tra Napoli e il mondo, tra l’Africa e l’America, tra il blues e il dialetto.
La notizia della sua scomparsa è stata annunciata sui social da Enzo Avitabile, amico e compagno di viaggio artistico, che ha scritto: «Non bastano parole per un dolore così grande ma solo un grazie! Grazie per il tuo talento, la dedizione, la passione, la ricerca. Sei stato un esempio di musica e di vita. Un amico per fratello, un fratello per amico. Per sempre».
Le origini e i primi passi
Gaetano “James” Senese era nato a Napoli il 6 gennaio 1945, da madre italiana e padre afroamericano, un soldato statunitense di stanza in città dopo la guerra. La sua pelle scura e i suoi ricci ribelli segnarono da subito un’identità complessa, vissuta tra il disagio e la fierezza. Da quella condizione nacque la sua arte: la musica come riscatto, come strumento di libertà.
La carriera inizia nel 1961, a Terzigno, quando fonda con l’amico Mario Musella il gruppo “Gigi e i suoi Aster”. Poco dopo, con Vito Russo, danno vita alla band “Vito Russo e i 4 Conny”, incidendo per l’etichetta King di Aurelio Fierro. È però nel 1965 che arriva la prima svolta: nascono gli Showmen, con cui Senese porta in Italia le sonorità soul e rhythm & blues di Otis Redding, James Brown e Marvin Gaye. Il successo arriva con il brano “Un’ora sola ti vorrei”, vincitore del Cantagiro 1968.
Dai Napoli Centrale a Pino Daniele
Dopo lo scioglimento degli Showmen, Senese e il batterista Franco Del Prete danno vita nel 1972 agli Showmen 2, preludio del progetto che lo renderà immortale. Nel 1974 nasce infatti il gruppo Napoli Centrale, una miscela esplosiva di jazz, funk, rock e dialetto. Tra i primi membri figura anche un giovane Pino Daniele, chiamato agli esordi come bassista.
Proprio con Daniele, Senese formerà poi un supergruppo leggendario, insieme a Tullio De Piscopo, Rino Zurzolo, Joe Amoruso ed Ernesto Vitolo, accompagnando il cantautore nei suoi primi successi. Un sodalizio artistico e umano che si rinnoverà anni dopo, con la partecipazione all’album “Ricomincio da 30”.
Nel 1983, dopo lo scioglimento dei Napoli Centrale, Senese intraprende la carriera da solista. Il suo primo album, “Hey James”, è un omaggio al padre americano mai conosciuto. Seguono lavori intensi come “Zitte! Sta arrivanne ’o mammone”, con ospiti come Lucio Dalla, Enzo Gragnaniello e Raiz.
Il ritorno e i riconoscimenti
Negli anni ’90 i Napoli Centrale tornano a nuova vita. Nel 2016, con una formazione rinnovata, pubblicano “’O Sanghe”, scritto insieme a Del Prete e vincitore della Targa Tenco come miglior disco in dialetto. Due anni dopo, Senese celebra i 50 anni di carriera con un doppio live registrato a Sorrento, mentre nel 2021 presenta all’Auditorium Parco della Musica di Roma il suo ventunesimo album: “James is back”.
Nel 2011 aveva ricevuto il Premio Armando Gill alla carriera, riconoscimento a una vita dedicata alla musica, alla ricerca e alla libertà espressiva.
Il cinema e le altre esperienze
Oltre alla musica, Senese aveva partecipato a diverse esperienze cinematografiche: dal film “No grazie, il caffè mi rende nervoso” con Massimo Troisi, a “Passione” di John Turturro, fino a “Una festa esagerata” di Vincenzo Salemme. Apparizioni che confermavano la sua naturale capacità di stare al centro della scena, anche quando non c’era il sax tra le mani.
L’eredità di un uomo libero
James Senese è stato molto più di un sassofonista. È stato una voce del popolo napoletano, un simbolo di orgoglio, di contaminazione, di verità. «La libertà l’ho pagata su questa mia pelle nera», amava ripetere. E quella libertà, oggi, resta la sua eredità più grande.
Con la sua morte si chiude un capitolo irripetibile, ma la sua musica continuerà a suonare nei vicoli, nei locali, nelle anime di chi ha trovato nelle sue note un pezzo di sé.
Non è un addio pieno di tristezza, ma un saluto riconoscente a chi ha insegnato che il dolore può trasformarsi in arte, e che la musica può essere un modo di stare al mondo. Napoli oggi lo piange, ma anche lo ringrazia: perché con il suo sax, James Senese ha raccontato la città come nessun altro.
Bianca Di Massa










